L’età romana, nella regione Cispadana compresa
tra gli Appennini ed il fiume Po, si apre ufficialmente con la fondazione
della colonia di Ariminum (odierna
Rimini) nel 268 a.C., in un territorio già appartenente alle tribù
celtiche. Il territorio più occidentale, comprendente la maggior parte
dell’odierna Emilia Romagna, fu conquistato stabilmente dai Romani
soltanto dopo la seconda guerra punica (218-202 a.C.) e dopo lunghe
campagne militari contro i galli Boi nei primi anni del II secolo a.C.
1. Le origini e lo sviluppo della città romana
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Bologna, già Felsina
etrusca, fu fondata come colonia latina con il nome di Bononia nel 189 a.C., mentre le origini di Claterna, circa 15 km. ad est della prima, sono più oscure. A parte
i precedenti etruschi, è probabile che il centro abitato, sorto forse
nell’area più vicina al torrente Quaderna, a sud della via Emilia, si
sia formato durante la prima metà del II secolo a.C., contemporaneamente
alla grande colonizzazione agraria della pianura, che vide lo stanziamento
di numerose famiglie di piccoli proprietari.
Claterna
fu dapprima un villaggio (forse un conciliabulum)
con due funzioni principali. La prima itineraria, dovuta alla sua
collocazione all’incrocio tra la via Aemilia
ed una via transappenninica da identificarsi forse con la via Flaminia Minor; entrambe le vie consolari furono realizzate
nello stesso anno, il 187 a.C. La seconda funzione, altrettanto
importante, fu di tipo economico e sociale: Claterna cioè divenne un
centro di riferimento per il territorio circostante, densamente popolato
ed in fase di grande espansione economica e produttiva.
La vera dignità urbana fu tuttavia raggiunta solo
con l’autonomia amministrativa, quando nel I secolo a.C. (in periodo
sillano o forse più tardi, sotto Cesare) Claterna
fu elevata al rango di municipio, come capoluogo di una grande
circoscrizione territoriale estesa tra i torrenti Idice e Sillaro,
confinante ad ovest con Bononia,
e ad est con Forum Cornelii,
l’odierna Imola.
Fu soprattutto nei primi secoli dell’impero, infine, che la città
conobbe il massimo splendore, come risulta chiaramente dalla
documentazione archeologica.
2. La forma della città
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Durante il I secolo a.C. la città acquisì una
fisionomia ben definita, che oggi si mostra
nelle sue linee essenziali attraverso le indagini archeologiche.
L’area urbana assume una forma pressapoco trapezoidale, con sviluppo da
est ad ovest per circa 600 metri. Si collocava a cavallo della via Emilia,
che ne costituiva il decumanus
maximus (la via più importante), per un’estensione di circa 150
metri tanto a nord quanto a sud della stessa. Si trattava dunque di
un’area di circa 18 ettari nel momento di massima espansione, senza
contare i suburbi, che potevano estendersi anche per alcune centinaia di
metri lungo gli assi della viabilità maggiore.
Le altre strade principali erano costituite da una
via parallela al corso del Quaderna, con andamento differente rispetto
all’orientamento viario prevalente, da un grande cardine ortogonale alla
via Emilia (il cardo maximus) ed
infine da altre due vie parallele a quest’ultima, collocate
rispettivamente nel settore nord ed in quello sud della città.
L’impianto urbano era delimitato ad est dal torrente Quaderna e ad ovest
da quello di un corso d’acqua minore, il Gorgara.
Altre tracce emergono poi attraverso una ricostruzione archeologica che è
fondamentalmente basata sulle indicazioni provenienti dalle raccolte
sistematiche di superficie (survey), dall’analisi della fotografia aerea, dall’applicazione
di metodi geofisici ed infine da esplorazioni mediante saggi di scavo.
L’impianto urbano era dunque di tipo misto, con
isolati di forma e ampiezza variabili: si tratta cioè di un esempio di
città che unisce alcuni aspetti dovuti ad un’origine di tipo spontaneo
(l’antico conciliabulum), ad
altri dovuti a un ordinamento pianificato, intervenuto nel momento in cui
il centro assunse una funzione amministrativa ufficiale. Le strade furono
realizzate semplicemente con piani acciottolati, a differenza ad esempio
delle vicine Bononia e Forum Cornelii, ove sono stati rinvenuti ampi tratti di lastricati
in basoli di trachite (pietre di forma poligonale).
Da sottolineare infine il fatto che la forma della città fu intimamente
connessa al territorio: le vie principali altro non erano che
prolungamenti dei limiti centuriali, ovvero di quelle strade che, con un
reticolo regolare di maglie quadrate di circa 710 metri per lato,
solcavano l’intera pianura, segnandone profondamente il disegno e la
struttura generale.
3. Le caratteristiche della città e del suburbio
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Come tutte le città romane, Claterna aveva il suo
fulcro nel foro, luogo di mercato e sede delle principali funzioni urbane.
Fu scoperto nel XIX secolo nel settore est della città, come
prolungamento ed allargamento della strada consolare Emilia. Nulla
sappiamo di possibili altri edifici o spazi pubblici, come i templi, che
tuttavia esistettero certamente, in quanto testimoniati da antiche
iscrizioni (epigrafi).
Molto più frequente è la documentazione archeologica pertinente alle domus,
cioè alle case private di personaggi più o meno facoltosi. Queste domus,
che spesso mostrano il classico schema ad atrium
tipico della tradizione romana, erano dotate di ambienti riccamente
pavimentati con mosaici o più ordinariamente con mattonelle in cotto,
nonché di vasche e di
peristili con aree aperte e porticate. Inoltre le indagini archeologiche
più recenti, tenutesi negli anni 80 e 90, hanno anche mostrato, a
testimonianza della grande varietà della compagine sociale, tipi edilizi
più modesti, con pavimentazioni in terra battuta e alzati in materiali
non durevoli, come il legno e l’argilla.
Al di fuori della città si estendevano le aree suburbane, con le
necropoli poste lungo le vie di comunicazione, dotate anche di veri e
propri monumenti funerari, e con aree produttive e di servizio. Ad esempio
nella periferia orientale della città, oltre il Quaderna, scavi recenti
hanno mostrato la presenza di strutture per la lavorazione del vetro e del
ferro, oltre a edifici pertinenti ad una stazione di posta (mansio).
4. Le caratteristiche del territorio
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Il territorio, come accadde per gran parte dell’Italia padana, fu
suddiviso al momento della presa di possesso delle terre da parte dei
coloni romani. Un reticolo di strade e canali per il drenaggio del terreno
e per lo scorrimento delle acque, denominato centuriazione, fu realizzato
in pochi anni da parte degli agrimensori romani: ogni maglia misurava
circa 710 metri di lato ed era ulteriormente frazionata in appezzamenti
regolari assegnati a ciascuna famiglia. Ancora oggi le tracce di
quest’opera grandiosa segnano la regione Emilia Romagna e gran parte del
territorio di Ozzano.
La centuriazione aveva dunque molteplici funzioni: costituiva una efficace
rete di comunicazioni, era un sistema drenante e al tempo stesso di
irrigazione, era infine un riferimento per l’appoderamento e per il
catasto, mediante il quale erano regolarmente registrate le proprietà dei
terreni, proprio come ai nostri giorni.
Nella pianura centuriata, ma anche nelle zone
pedecollinari e collinari, il sistema insediativo dominante era per
edifici sparsi, fattorie e ville più o meno regolarmente distribuite.
Esse presuppongono una forma economica dominante, quella della media e
piccola proprietà. Più rare le grandi proprietà, contraddistinte da
ville con ampi settori destinati alla produzione ed al magazzinaggio delle
derrate alimentari, e con interi quartieri facenti parte della cosiddetta pars urbana, residenza dei ricchi possidenti e pertanto riccamente
decorata con mosaici ed affreschi.
Nelle campagne, particolarmente produttive tra I secolo a.C. ed il II
secolo d.C., in coincidenza con il fiorire dell’economia italica, erano
prodotti soprattutto cereali e vino, esportati anche mediante le anfore.
5. La città nelle fonti scritte
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Claterna
gode di una documentazione storica relativamente ricca. Innanzitutto va
sottolineato che la città prende nome dal fiume che la bagna, fatto da
considerarsi indizio di antichità. Inoltre il suffisso del nome, cioè la
parte terminale in –na, è di
probabile origine etrusca, come si constata anche per tanti altri centri
dell’Italia centrale e settentrionale.
La città fu nominata da Cicerone in riferimento
alla guerra di Modena. Nel 43 a. C. fu espugnata a opera di Aulo Irzio,
che vi si insediò rafforzando la posizione di Ottaviano contro Antonio.
L’episodio, al di là delle implicazioni storiche, denota la presenza di
un apparato difensivo attorno alla città, non necessariamente costituito
da solide mura, ma verosimilmente realizzato con semplice vallo e
terrapieno.
Tra le altre fonti scritte devono essere ricordate le iscrizioni (epigrafi
su pietra) rinvenute nel territorio e nel sito della città, sia di
carattere onorario a personaggi e ad imperatori, sia di carattere
dedicatorio, con menzione di divinità.
La città
fu ricordata anche da S. Ambrogio, il vescovo di Milano, che sul finire
del IV secolo, riferendosi allo stato di crisi in cui versavano molti
altri centri della regione, la include tra i “semirutarum
urbium cadavera”. |