Il territorio della città di Claterna conobbe, dopo
la fine dell’età romana, una serie di trasformazioni molto importanti.
Il centro urbano non venne mai più rioccupato e questo finì per
determinare una situazione abbastanza anomala nell’ambito della regione.
Mentre altre città limitrofe continuarono ad essere abitate in varia
misura e rappresentarono centri di importanza diversa di caso in caso, il
futuro territorio ozzanese vide la scomparsa del suo principale
insediamento.
I primi secoli del Medioevo
mostrano quindi pesanti trasformazione del territorio.
La diminuita popolazione andò accentrandosi in un numero modesto
di strutture rurali, realizzate spesso in materiale deperibile, come la
terra ed il legno, mentre gli oggetti della vita quotidiana divennero
maggiormente semplificati e prodotti con materiali meno pregiati.
Spariscono progressivamente, per esempio, le stoviglie per la tavola e gli
oggetti in vetro, mentre aumenta proporzionalmente il numero di recipienti
per la cucina, in ceramica o in pietra, questi ultimi importati
dall’area alpina, e gli oggetti in legno.
I documenti scritti non ci parlano diffusamente di
questo territorio se non secoli dopo la fine dell’Impero romano, ma già
in età carolingia sappiamo dell’esistenza di alcuni castelli sulle
prime colline appenniniche, mentre l’attuale centro di Ozzano risulta
essere un’area priva di strutture importanti. Le aree fertili della
pianura presentano tracce di toponomastica tipica dell’ambito ravennate,
con la presenza di due masse, ossia aree estesamente coltivate,
caratterizzate dall’aggregazione di numerosi poderi. La popolazione,
comunque, pare concentrata nelle aree di collina. Si tratta solo della
premessa alla diffusione di un gran numero di abitati fortificati sia in
pianura che, soprattutto, nelle aree collinari e montane, destinati ad
ospitare tra X e XII secolo gran parte della popolazione. Abitati attuali
come Settefonti, S. Pietro e Castel de’ Britti erano in origine piccoli
centri fortificati, difesi naturalmente dal terreno accidentato, o da
palizzate.
Nel medesimo periodo si diffondono anche le strutture religiose, in
particolare pievi e monasteri, alcuni dei quali raggiungono, come nel caso
di Pastino e Monte Armato, una discreta importanza a livello del
territorio bolognese. Le
dipendenze della pieve di Pastino, in particolare, consistenti in chiese e cappelle, altre alle proprietà e
pertinenze, investirono un areale ragguardevole fino al XIV secolo, mentre
della vicina S. Stefano in Claterna decaddero le prerogative alla fine del
XII secolo. Innumerevoli altre chiese minori erano disperse nel territorio
ed all’interno dei castelli, come la cappella di S. Maria scavata dagli
archeologi al di sotto di quella attuale all’interno del castello di
Settefonti.
In tutto questo periodo, anche a fronte della
decadenza di numerose infrastrutture, la via Emilia continua a
rappresentare un irrinunciabile elemento di comunicazione, sulla quale
vanno a collocarsi edifici religiosi e strutture assistenziali, come gli ospitali per i i viaggiatori. Lo stesso sistema di strade e ponti
attira il popolamento non solo in pianura, ma sulla stessa montagna, come
nel caso dei castelli e monasteri collocati presso le vie per la Toscana.
A partire del XIII secolo, con l’affermarsi dei
Comuni maggiori all’interno dello scenario politico, la situazione pare
mutate drasticamente. Il
territorio ozzanese viene scavalcato dalla nuova politica di Bologna, che
costruisce dalla fine del XII secolo una serie di borghi franchi, cioè
abitati con esenzioni fiscali, e rocche al fine di controllare e gestire
efficacemente il proprio territorio. La linea di siti fortificati
costruiti al confine imolese racchiude la nostra area con una cintura di
abitati difesi da fossati e palizzate, mentre sempre più diffusi
all’interno di questa linea divengono gli edifici rurali, case disperse
nel territorio lungo le strade ed abitate da agricoltori che vivono e
lavorano sulle proprietà di nobili o istituti religiosi. Il massimo
sviluppo di questo fenomeno si avrà a partire dal tardo XV secolo, quando
gli investimenti degli imprenditori urbani si rivolgono alla campagna in
maniera massiccia, realizzando un paesaggio costruito, costellato di
strutture ed infrastrutture e conservatosi fino a pochi decenni or sono.
Questo sistema produttivo è modellato
a misura delle città, alle quali efficientemente forniva carne e frumento,
e dello sviluppo demografico generalizzato.
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