Amico
Aspertini nacque fra il 1474 ed il 1475. Era
figlio di Giovanni Antonio Aspertini, pittore di un certo rilievo nella Bologna
della fine del ‘400.
Assieme al fratello, anche lui pittore, frequentò una scuola di pittora
sotto l’insegnamento di Ercole De' Roberti.
Amico, all’inizio, fu affascinato dagli stili di pittura di Lorenzo Costa e
Francesco Francia che usavano uno stile dolce e classico.
Ma dopo un viaggio a Roma, grazie alla conoscenza diretta delle grotte della
"Domus Aurea", elaborò una visione "anticlassica" del mondo antico che
si manifesta negli affreschi di S. Cecilia (1506) a Bologna, dove il nuovo stile
del giovane pittore si impose con una sorprendente modernità che gli
valse una fama notevole anche fuori
Bologna.
Seguono i contatti con Isabella d’Este ma soprattutto con Lucca dove Aspertini
fu chiamato a lavorare nella chiesa di S. Frediano che fra il 1508 e il 1509
decorò con uno stupendo ciclo di affreschi.
Sempre per la chiesa di S. Frediano Aspertini dipinse anche l’affresco di controfacciata
con "Madonna col Bambino tra i santi". Lo stile anticlassico di Aspertini
si accentua in alcune tavole bolognesi, in seguito al soggiorno a Lucca.
Alcuni disegni più belli di Aspertini si trovano a Londra e attestano
la sua capacità di reinterpretare la classicità antica grazie
ad una visione sognante di rovine e monumenti .
Amico Aspertini morì nel 1552.
Adorazione dei Magi E' ritenuta la prima grande prova in patria dopo il soggiorno romano. |
(…) Mastro Amico fu quell’umor
bisbetico e solitario che con nissuno mai se la tolse; stravagante non men
di genio, che bizzarro in tutte le sue operazioni, e perciò non immeritevole
in tutto – per dir sempre il vero – delle maldicenze ed improperi de’ quali
si vede pienamente caricato. Fu, dico, questo Amico Aspertini, che tale fu
il suo cognome, un uomo capriccioso e fantastico, che alla maniera di nessuno
volle mai soggettarsi, studiando bensì da tutti, e le più belle
cose ne’ suoi viaggi per tutta l’Italia …ma componendosene poscia una particolare
e a suo modo, e biasimando questi altri che, datisi, soleva egli dire, ad
imitare non altri che Rafaelle, di quella a lui peculiar maniera troppo religiosi
osservatori si dimostravano; quasi non avesse ciascuno, soggiongea, sortito
dalla natura la sua individuale, che doveva seguire, non altro più
cercando, che di coltivarla col buon disegno e con l’esercizio.
(Carlo Cesare Malvasia - Felsina pittrice - Vita dei pittori bolognesi
- 1678)