Pittura nel Rinascimento

La prima metà del '500 è un momento di straordinario sviluppo delle arti, ed è denominato Rinascimento maturo, in quanto si completano le premesse poste dall'Umanesimo.

La classicità cinquecentesca è caratterizzata da un'ordinata solennità: questa deriva sia dal rapporto equilibrato tra le parti che compongono un'opera, sia dal suo armonioso inserimento nello spazio.

Entra in crisi l'idea che l'arte debba imitare la natura: come per gli antichi Greci, la bellezza deriva dalla fusione delle parti migliori tratte da diversi modelli.

Si ricerca la forma ideale, perfetta: si inseriscono le figure entro schemi piramidali; l'uomo non è più riferimento di misura dello spazio: la figura umana è di rado collocata nella natura, si preferisce isolarla, esaltando la sua imponenza.

La prospettiva, da strumento di delimitazione dello spazio, diventa, invece, un mezzo per costruire ambienti immaginari e illusori.

Il ruolo degli artisti acquista sempre maggiore peso nella vita della città. Non solo si dedicano contemporaneamente a pittura e scultura, ma spesso sono anche architetti e urbanisti. I loro interessi li spingono oltre le consuetudini e le opere diventano espressioni del loro pensiero: lo studio e l'osservazione dei fenomeni naturali per Leonardo, le riflessioni filosofiche per Michelangelo, l'amore per l'armonia classica per Raffaello che, nominato sovrintendente alle antichità di Roma, comincia un grande lavoro di rilevazione dei monumenti antichi. 

Dalle piccole, anche se raffinate corti umanistiche del '400, la scena dell'arte si sposta nel '500 nelle grandi città: a Firenze, ma è soprattutto a Roma, con i papi Giulio II e Leone X, che vengono chiamati i migliori artisti.

Venezia occupa un posto a parte. Giorgione, Tiziano e i pittori veneti in genere, abbandonano il primato rinascimentale del disegno a favore del colore.