Il Trecento

Popolamento, insediamento e viabilita'

Venendo al '300, puo' risultare utile un confronto del popolamento della zona rispetto al secolo precedente attraverso i dati forniti da alcuni altri elenchi di fumanti. Cosi' vediamo come nel 1303 fossero calati, rispetto al 1249, gli abitanti di Ciag nano e Settefonti (39 e 59 fumanti rispettivamente), mentre fossero leggermente aumentati quelli di Monte Armato, passati a 37 e come, infine, quelli di Ozzano fossero saliti a ben 338.

Grazie ad un ulteriore confronto con l'estimo del 1315, possiamo notare come la popolazione di Ciagnano rimanesse nella prima meta' del '300 abbastanza stabile, registrando, nel 1315, 41 fumanti proprietari di beni; ancora in calo sembra invece Settefo nti, che conta appena 37 fumanti estimati; anche Monte Armato e' in leggero calo con i suoi 32 capifamiglia proprietari di beni. I dati relativi ad Ozzano sono lacunosi, essendo tale estimo incompleto e riportando le denunce di solo 125 proprietari sugli oltre 300 che vi dovevano presumibilmente figurare.

Sara' utile, comunque, accennare alle finalita' e alla struttura di tale estimo, ai cui dati ci siamo largamente affidati nel condurre la ricerca per quel che riguarda il secolo XIV.

Gli estimi furono introdotti nell'eta' medievale dai Comuni cittadini per censire gli abitanti della citta' e del contado a fini fiscali e per la leva militare. Essi sono una utilizzazione pratica dei registri dei fumanti di cui abbiamo gia' parlato e su di essi si basano per l'elencazione dei capifamiglia soggetti all'estimazione dei beni. Se i possidenti cittadini erano suddivisi nelle "cappelle" di residenza, distrettuazione basata sulla suddivisione ecclesiastica della citta' quelli del contado, gi a' spartiti nella prima e fondamentale suddivisione per quartiere, erano iscritti nelle "curie" che frazionavano i quartieri stessi. Tali "curie", eredi delle "curtes" alto e pieno-medievali potrebbero descriversi come territori facenti capo ad un centro demico piu' importante: un castello o un grosso abitato aperto o un abitato sparso, addirittura, ma dotato almeno di una o piu' chiese e comunque rappresentativo della zona. In questo modo, quella "curtis" che in origine fu un'entita' fondiaria, divenuta poi spesso anche giurisdizionale con il frantumarsi del potere centrale nell'eta' feudale, diventa, sotto il nome di "curia", in tanti casi contemporaneamente all'estendersi del potere comunale sul proprio territorio, una circoscrizione prima geografica e poi amministrativa, una tessera del mosaico della ripartizione del contado.

In base all'estimo del 1315, risulta che "comune et homines terre Stiphunti" possiedono beni, che sono di tutta la comunita': una casa coperta di coppi, ad un solo piano e, forse, murata a secco, posta presso la ripa del castello e vari terreni incolti e boschivi.

Tornando al popolamento trecentesco della zona di Ozzano Emilia, un altro utile insieme di dati ci viene fornito dal censimento che il cardinale Anglic fece redigere in Romagna e a Bologna nel 1371, all'atto dell'assunzione della carica di Legato Ponti ficio. I "communia terrarum et villarum comitatus Bononie" comprendono, nel "vicariatu Castri S. Petri", "Montisarmati" con 15 "focularia", "Stiffiniti" (che sta per "Stiffunti", con tutta probabilita') con 38 e "Ulgiani" con 157. Nel "quarterio Porte Rav ennatis" era invece compreso il comune "Clagnani" con i suoi 62 "focularia". Tali dati farebbero dunque risaltare un notevole calo demografico a Ozzano (ridotto a meno della meta' delle famiglie rispetto al 1303) e a Monte Armato (anch'esso ridotto alla m eta'), ma una sostanziale stabilita' a Settefonti dopo il calo dell'inizio del secolo, e addirittur un consistente aumento a Ciagnano (1/3 in piu' rispetto al 1315).

Non sembrerebbe quindi confermata per tutta la zona la visione pessimistica che si nutre generalmente per la seconda meta' del '300, definita, certo non a torto, un'epoca di regressione, dopo la crisi della meta' del secolo, che ridusse in tutta Europa la popolazione delle citta' e delle campagne, spopolo' e fece lentamente scomparire interi villaggi, diminui' in maniera drastica e consistente i redditi e i capitali di magnati, mercanti e contadini. Insomma, in questa piccola porzione del territorio bo lognese, crisi indubbiamente ci fu ma non pare che fosse disastrosa, almeno dal punto di vista del popolamento e della demografia.

Se conduciamo poi una piccola indagine economica parallela, tramite i dati forniti dal registro del 1303 (estimo totale di ogni "curia"), dall'estimo del 1315 (estimi di ogni fumante e di ogni "curia") e da un "Sommario dell'estimo pagatorio... dei fum anti" del 1491, otteniamo dati abbastanza interessanti: se nel 1303 i valori degli estimi delle quattro "curie" si mantenevano abbastanza alti, con 6500 libbre per Ciagnano, 10.129 l. per Settenfonti, 27.890 l. per Ozzano e 7141 l. per Monte Armato, con v alori pro capite sempre alti (166 l., 171 l., 82 l. e 1931 l. rispettivamente), nel 1315 questi valori, sia quelli generali

di ogni "curia", sia quelli pro capite, sempre nell'ambito di ogni "curia", scendono notevolmente. Infatti abbiamo solo 1584 l. (37 l. pro capite) per Ciagnano, 358 l. (9 l. pro capite) per Settefonti e 1518 l. (47 pro capite) per Monte Armato, mentre per Ozzano, come si e' detto, non e' possibile fare valutazioni.

L'estimo del 1491, privo tuttavia del numero dei fumanti e dei dati relativi a Ciagnano, vede Settefonti estimata per 891 l., Ozzano per 4915 e Monte Armato per 2191 libbre. Il confronto fra le varie "curie" offre comunque ugualmente una graduatoria co erente con i dati del secolo precedente.

Tali dati mostrano, in campo economico, una progressiva e inarrestabile decadenza di Settefonti, che nel 1315 e' la piu' povera fra le quattro "curie" e che invece era seconda, dopo Ozzano, nel 1303. Monte Armato pare, nel corso di questi due secoli, l a piu prospera, con cifre pro capite molto alte e alte anche in valore assoluto; Ciagnano, povera complessivamente (ma non pro capite) nel 1303, si rinforza, nel confronto con le zone vicine, nel 1315. Ozzano mantiene, con tutta probabilita', il predomini o in valore assoluto, rispetto all'epoca precedente, ma non certo il primato della prosperita' dei suoi abitanti, mostrando la cifra pro capite piu' bassa (meno della meta' di Ciagnano e meno di 1/3 di Monte Armato) nel 1303.

Tali dati si accordano, dunque, in linea di massima, con i risultati degli studi condotti sulla citta', che individuano nel secolo XIII il momento di maggiore floridezza economica e ricchezza demografica di Bologna e nel secolo successivo un ristagno e poi una forte recessione.

Un'ultima notazione si puo' fare a proposito dell'entita' della tassazione del 1315: al termine dell'elenco dei fumanti di Settefonti, con le relative denunce di beni, e' apposta una frase illuminante. "Suma que debet solvere sol. XVIII den. III" e' qu ello che il notaio che compilo' l'estimo scrisse al termine dell'ultima pagina, dopo la somma di quella stessa pagina. Egli, a differenza dei colleghi che redassero gli estimi dei paesi vicini, non si preoccupo' di indicare l'estimo totale della comunita' di Settefonti, avendo gia' annotato le somme, parziali, di ogni pagina, ma si preoccupo', invece, di annotare l'imposta che la comunita' doveva pagare: 18 soldi e 3 denari su un imponibile di 358 libbre e 11 soldi, che equivale all'incirca al 2,5%.

Dall'estimo di Monte Armato, invece, veniamo a sapere che sulle denunce veniva effettuato un controllo e l'imponibile dichiarato finiva sempre con l'essere aumentato e in alcuni casi non di poco.

Infatti, dopo la somma del valore dei beni di ogni fumante, un notaio diverso indico' la "summa prime inquixicionis" che differisce da quella ottenuta grazie alla denuncia spontanea, da 1 libbra di "Rodolfinus quondam magistri Venetici de Valle" alle 3 9 l. e 13 s. di una persona il cui nome fu abraso. La punta minima di evasione e' dell'8,5% di "Vandus quondam Albertini Aldrovandini", che, avendo denunciato 83 l., se ne vede accertare 90; la punta massima spetta alla prima persona estimata, il cui nome e' cancellato, con ben l'80%: 39 l. e 13 s. di differenza fra le 50 l. e 7 s. dichiarate e le 90 l. attribuite. Comunque la media generale di evasione, ottenuta dalla media di ogni fumante, e' del 24% circa.

Se invece consideriamo la "correzione" apportata al totale generale dell'estimo della comunita', 1827 l. anziche' le 1518l l. e 15 s. dichiarate, la percentuale scende al 20% circa, ma per verificare la validita' di tale conteggio, occorre controllare l'esattezza delle somme. Un controllo, infatti, porta a stabilire l'inesattezza di entrambe le somme totali, che sarebbero di 1507 l. e 10 s. quella dichiarata dall'insieme dei capifamiglia e di 1793 l. quella inquisita, con una percentuale di evasione ch e scenderebbe al 19% circa.

Grazie a questi risultati, comunque, possiamo finalmente dare un valore, seppure approssimativo, alla evasione fiscale presente negli estimi e sappiamo in tal modo come valutare le altre denunce, senza prenderle per buone cosi' come sono, ma neppure se nza svalutarle piu' del necessario. Pensiamo infatti che questa percentuale ottenuta grazie ai preziosi dati di Monte Armato possa valere anche altrove, non essendo pensabili differenze statisticamente rilevanti dell'evasione da una zona all'altra.

Un altro confronto puo' essere fatto, grazie ai dati forniti dall'estimo del 1315, sempre per la "curia" di Monte Armato: all'inizio di ogni posta d'estimo, del suo titolare viene fornita la cifra dichiarata "tempore domini Bernardini de Polenta", vale a dire nel 1306, anno in cui il ravennate fu podesta' di Bologna. Si puo' cosi' rilevare come, al di la' delle discrepanze date dall'estinzione di nuclei familiari dalla creazione di nuovi, dalla scissione di famiglie precedentemente unite, le cifre dich iarate nel 1306, solo nove anni prima, fossero in generale notevolmente piu' alte. Bastera' qualche esempio: la famiglia di "Ugobonus qd. domini Viviani Ogoboni", che nel 1315 dichiara 149 l. e 5 s., una delle cifre piu' alte della "curia", nel 1306 ne av eva dichiarate ben 918, il valore piu' alto per quell'anno. E cosi' le 146 l. del 1315 del "Magister Johanninus qd. magistri Viviani" erano 850 nel 1306; ma al di la' delle prime famiglie, rimaste pur sempre tali anche nella crisi e nel calo generale del valore dei beni, altre famiglie vedono un divario ben piu' consistente rispetto a pochi anni prima. "Aldrevandinus qd. Benvenuti" e i suoi figli scendono a 64 l. dalle 348 del 1306; "Britius qd. Girardelli" e famiglia passano da 200 a sole 26 l. e 5 s., c on un calo dell'87%; mentre i fratelli "Aldrevandinus, Petrus, Boxellus, Laurentius", dalle 823 l. del 1306 precipitano alle 59 l. e 2 s. del 1315, con una diminuzione del 93% circa.

Anche il piu' povero della "curia", "Rodolfinus qd. magistri Venetici de Valle", che nel 1315 dichiara possessi per 4 l., subisce un calo rispetto alle 11 l. del 1306; rimane il piu' povero, anche se, con il generale appiattimento verso il basso delle cifre estimate, non e' piu' cosi' povero come prima in confronto agli altri fumanti.

Al calo delle cifre estimate delle quattro comunita', gia' verificato grazie al Registro dei Fumanti del 1303, si aggiunge cosi' anche questo dato che permette di situare a cavallo fra il primo e il secondo decennio la grave crisi economica che dovette notevolmente impoverire la zona e della quale abbiamo unicamente queste notizie indirette. Certo le vicende politiche della citta', che avevano naturalmente ripercussioni anche nel contado, devono aver influito su questa crisi: le ripetute espulsioni dei Lambertazzi, una delle quali avvenne proprio nel 1306, con il loro seguito di battaglie e di saccheggi, il graduale passaggio dal regime comunale elettivo alla signoria dei Pepoli, con l'avvicendarsi di episodi contrari o favorevoli ad essi, e infine, l' ingerenza della S.Sede nelle questioni bolognesi; tutti avvenimenti politici che ebbero un peso non indifferente in campo economico, scatenando distruzioni e saccheggi nel contado, gia' provato dai disagi conseguenti dall'eccedenza di popolazione e dalla mancanza di terra da coltivare.

L'estimo del 1315 non e' prezioso solo per dati sul popolamento e sulla situazione economica delle "curie" del contado, ma anche per le notizie che fornisce in merito all'insediamento e alla tipologia delle costruzioni rurali. Tali informazioni, poi, s e integrate con quelle fornite dall'estimo del 1385, possono offrire anche utili spunti di confronto e contribuire a formare il quadro dell'evoluzione dell'insediamento della zona durante tutto il secolo XIV.

Si puo' notare come la "curia" piu' popolata e ricca di insediamenti sia quella di Ozzano, che ne comprendeva nel 1315 ben 29, fra i quali possiamo ricordare il "castrum Ugiani" (che contava tuttavia ben poche case in possesso di abitanti della "curia" , mentre vi possedevano 5 "casamenta", cioe' terreni edificabili, su due dei quali sorgevano appunto le due case documentate).

Esisteva anche la localita' "Castellario", sui cui due "casamenta" sorgevano altrettante "domus"; tale toponimo, come noto, indica generalmente una fortificazione distrutta o smantellata, una dipendenza non piu' efficiente di un castello o un luogo dov e sorgeva in un tempo precedente una fortezza. Oggi una localita' con tale nome non e' piu' rintracciabile, ma non doveva essere molto lontana dal castello allora esistente, che si incentrava nella chiesa di S. Pietro, essendo probabilmente stato ad esso collegato con funzione militare.

Verso la pianura e lungo la via Emilia sorgeva il "Burgo S.Stephani in Quaterna", che contava almeno 3 case, mentre nella localita' detta "Quaterna" sorgeva un "medatus", vale a dire una costruzione rurale polivalente: magazzino, fienile, forse stalla e a volte anche modesta abitazione.

Questo pur minimo complesso abitativo era accostato all'ospizio per pellegrini con l'annessa chlesa e pieve, che abbiamo visto gia' dall'XI secolo dipendere dal monastero bolognese di S.Stefano. Esso, poi, sorgeva materialrnente sopra l'antico centro u rbano di "Claterna", anzi, al di sopra di una sua parte, quella prospiciente la via Emilia e i torrenti Gorgara e Quaderna. Anzi. lo stesso estimo, ma grazie ad un dato riportato nelle denunce degli abitanti di Monte Armato, ricorda almeno con un toponim o la citta' romana ormai distrutta: "dominus Henrigiptus qd. domini Aldrevandini", uno dei piu' ricchi fumanti di Monte Armato, proprietario di diversi terreni nelle "curie" vicine, ne dichiara anche due posti nella "curia Ulgiani in loco dicto Citaderoa" , toponimo gia' di per se' illuminante: possiamo infatti pensare ad una derivazione da "Civitas diruta" citta' distrutta.

Altre localita' di un certo rilievo erano "Maizano" o "Mazano" con 8 case e 4 "medati", in cui sorgeva anche una chiesa intitolata a S. Pietro, e "Mazanega" con 8 case e 6 "medati", entrambe oggi poste al di fuori del territorio comunale ozzanese, vers o est. A "Farneto", oggi sconosciuto con questo nome, esistevano 6 case e 2 "medati", mentre lo stesso numero di fienili e solo 4 case si trovavano sia a "Cruce militum" che a "Fagnano", entrambi scomparsi.

Le altre localita' della "curia" possono definirsi esempi di insediamento sparso, non contando piu' di 3 o 4 costruzioni. Un altro nucleo (minimo) di popolamento, che si distingue tipologicamente dagli altri, e' "Obla", dove, oltre ad una casa, sorge a nche la chiesa di S. Maria, ricordata pero' negli elenchi ecclesiastici ufficiali solo a partire dal 1366, come "S. Maria de Hobla in Quaderna", quasi indicando con tale denominazione una corrispondenza con l'attuale chiesa parrocchiale omonima della loca lita' Quaderna.

Oltre a quelli citati, sono ben pochi gli insediamenti ancor oggi riconoscibili: "Stradello", che ha conservato immutato il nome "Bubolus" divenuto forse il Bigollo, e "Stanzano", anch'esso immutato, ma esterno all'attuale territorio comunale.

14 abitati contava la piccola "curia" di Monte Armato stretta fra il fondovalle Idice, il crinale montuoso fra le valli dell'Idice e della Quaderna, il corso del Rio d'Aiano e, a nord, probabilmente il contrafforte minore che dal crinale ricordato scen de alla localita' Noce. In tale ristretto territorio, tanto piccolo quanto era esteso quello di Ozzano (dal Rio Centonara fino a est della Quaderna, dalla pieve di Pastino alla localita' Quaderna), si concentravano dunque 14 abitati, alcuni dei quali di u na certa consistenza, come "Gaibano" con le sue 9 case, "Podius" (oggi il Poggio) con 7, e "Tizollo" con 8. Ancora oggi esistenti con i nomi inalterati, "Rambalda", "La valle" e "Collina", consistevano in appena 3 case, 4 e 2 rispettivamente. Anche in tal e "curia" l'elenco delle costruzioni, possedute dai fumanti del luogo e quindi, ricordiamolo, forse non esaurienti il patrimonio edilizio, mostra una notevole frequenza di abitati sparsi di scarsa consistenza fino ad arrivare a casi, non sporadici, ne' in frequenti, di case isolate sui campi.

A Ciagnano erano 13 gli abitati, distribuiti su di un territorio che si estendeva all'incirca da Ripa di Sasso e Villa di Sotto, a nord, alla strada Settefonti-Mercatale, a sud, al crinale gia' ricordato e al corso dell'Idice, in direzione est-ovest. A nche qui alcuni piccoli insediamenti hanno mantenuto quasi immutato il nome: "Pozo de supra", con almeno 9 case, e il vicino "Pozo de subtus", con 5, si trovano ancor oggi come Poggio di sopra e di sotto presso Villa di mezzo, che, dal canto suo, nel 1315 contava almeno 9 costruzioni ed e' oggi situata a nord di Ciagnano. A "Belvedere", tuttora esistente, sorgeva "una domuncula parvi valoris", mentre nello scomparso "Roncotorto" si accentravano 8 case, fra piccole e grandi, e un "medalis". Spesso si usa n ella descrizione dell'edificio il diminutivo "domuneula", ad indicare una casa piu' piccola e modesta del normale; altre volte si indicano particolari costruttivi relativi ad una costruzione piu' complessa, come la casa con colombara di "Roncotorto" o la "domus cupata cum ara et curia", cioe' coperta con coppi e dotata di aia e corte, di Poggio di sotto. Cosi' la "domuncula cum sezunta" di "Farneto" di Ozzano indica forse una piccola costruzione dotata, pero', di un fabbricato aggiunto e complementare.

Il notaio che raccolse le denunce degli abitanti di Settefonti fu piu' preciso dei suoi colleghi e indico' spesso il materiale di cui erano costruite o coperte le case e la loro struttura essenziale. Ad esempio, il "medale pallearum" censito a "Casale" era un fabbricato rurale complementare, come si e' detto, costruito di paglia, come molti altri che sorgevano nei 10 luoghi abitati registrati nella "curia" di Settefonti. Ma, pur cosi' precario nella sua struttura, anche se, si presume, rinforzata da un 'intelaiatura portante in legno, in alcune localita' il "medatus pallearum" serve chiaramente da abitazione ai suoi proprietari: cosi' ac . cade a "Foglano" (oggi Fogliano), che conta 3 case oltre al "medatus" citato, a "Stevania" (Stefania) con le sue 3 costruzioni complessive, di cui una sola e' definita "domus cupata".

Alcune case, ad esempio nella "contrata de Flumine" che ne contava 3 e 2 "medati", erano parzialmente coperte di tegole e per il resto di paglia; cosi' avveniva anche a "Lama" (Casa Lamma odierna), in cui, inoltre, l'altra casa costituente l'abitato er a "cupata de clusa" (termine per il quale aon ci e' stato possibile rintracciare alcuna spiegazione) e vi esisteva anche un "medatus" di paglia. Esisteva gia' nel 1315 il Cerro, costituito da 2 case e un fienile; vi e' attestato, anche se indirettamente, il castello: infatti il "comune et homines" di Settefonti possedevano una "domus cupata plana et non murata" posta "iuxta rivo dicti castri".

In conclusione, pare che l'insediamento che risulta dall'estimo dei proprietari residenti nelle quattro "curie" considerate (esclusi quindi beni di non residenti, anche cittadini, nobili ed enti ecclesiastici, tassati a parte) preveda un certo numero d i abitati accentrati di non grande consistenza (non si superano le 10 abitazioni), ma soprattutto minuscoli nuclei demici costituiti da una, due o tre case, spesso edificate sui campi degli stessi proprietari. Pare dunque abbastanza diffuso l'insediamento sparso; cosi' quello accentrato in abitati aperti, non cintati da mura.

I castelli sorgono ad Ozzano, sotto forma di abitato fortificato, a Ciagnano, che non ce ne offre pero' una testimonianza diretta, a Settefonti, che non doveva tuttavia concentrare entro le mura un abitato molto consistente, o almeno come tale non e' a ttestato. L'esistenza di una fortificazione a Monte Armato e' accertata grazie alla menzione fra i beni di un fumante di Settefonti, "Johanninus qd. Albertutii", di due pezzetti di terra incolta ("bedusta") e di un "alium boconzelum terre beduste", situat i tutti nella "curia" di Monte Armato "in contrata dicta Castello ... iuxta calancum et iuxta viam". Questo e' tuttavia l'unico ricordo dell'esistenza di un castello in tale zona e non ne prova l'effettiva presenza ancora all'inizio del '300, anzi, dalla descrizione riportata pare che tale localita' sia, almeno parzialmente, incolta e calancosa.

Considerando poi i dati che emergono dall'estimo del 1385, vediamo una diversa distribuzione numerica degli abitati nelle "curie" e la loro eventuale persistenza dall'inizio del secolo, oltre alla loro consistenza e struttura interna.

Ciagnano, ad esempio, vede crescere da 13 a 19 i suoi abitati, ma solo 7 di essi esistevano con quel nome anche nel 1315: rimangono vivi e di buona consistenza i due Poggio, di sopra e di sotto (5 case, tutte "cupate" nel primo e 7 case coperte con cop pi, piu' una "domuncula deputata ad retinendum fenum et paleis", nel secondo), Villa di mezzo, che sale ad 11 case tutte a coppi, Belvedere, che conta ora 2 case "cupate" e Roncho torto", che invece sembra ridursi a 3 abitazioni, pure "cupate". Il piccolo nucleo di "la Bechafava" conta un numero imprecisato di case e una "columbaria", possedute da un unico proprietario, mentre "la Rocheta" pare costituita da una sola casetta a tegole. Il "Borgo" ha una sola casa "cupata" in possesso di un abitante del luo go, come anche la localita' "Castello", mentre compare, o ricompare se si tratta dello stesso luogo ricordato nel 1123, la borgata di "San Leum" o "Saulum" (il testo non e' chiaramante leggibile), formata da una sola casa, ancora una volta coperta con cop pi. C'e' un solo caso di copertura di paglia ed e' relativo ad un "medatus" situato a "Calancho". Parrebbe dunque che la "curia" di Ciagnano abbia visto nel corso del '300 aumentare il suo popolamento e insediamento, crescere di consistenza e di numero le sue borgate e migliorare la qualita' delle costruzioni che vi sorgevano, quasi tutte coperte con coppi, e quindi costruite con materiali che potessero reggere il peso del tetto (pietra o mattoni) e non piu' con paglia.

Ozzano, al contrario, conta un numero molto minore di localita' abitate, 16 contro le 29 precedenti, ed anche la loro consistenza pare essere calata; a meno che, ed e' un'ipotesi da non scartare, la proprieta' delle costruzioni non sia passata a person e o enti diversi dagli abitanti della "curia".

Prendiamo il caso del castello: un fumante della "curia" possiede unicamente un "caxamentum" nel "Castro Ugiani" e una sola "domuncula", pure di un abitante di Ozzano, sorge nel luogo detto "el Castelaro". Una "domus cupata plana", cioe' ad un unico pi ano, si trovava poi in "guardia Ugiani", cioe' fuori dal castello, nelle sue immediate vicinanze.

Nella zona di S. Stefano della Quaderna pare essersi verificato un calo simile, non sappiamo, anche in questo caso, se dell'effettivo insediamento o della proprieta' locale; nella localita' chiamata "S. Stephano" sono segnalati solo 2 "caxamenta" e a " la Quaderna" una "domus parva" e un "medali de paleis". "Farnedo" e "Fagnano" hanno subito un identico grave calo, avendo una sola "domuncula" il primo e una "domus cupata" e una domuncula plana" il secondo, contro le 6-7 costruzioni per ognuno del 1315. Il nucleo abitativo di "Maizano", invece, resiste, con le sue 5 case e casette e un fienile.

A "la Collina" sorgeva una casa con caratteristiche architettoniche particolari, uniche nella "curia", e che la distinguono dalle altre: e' detta "domus balchionata", cioe' dotata probabilmente di un balco, il balcone spesso coperto, cui si accedeva da una scala s£lla facciata della casa, di cui resta un esempio nella vicina localita' Scaruglio, presso Monterenzio Vecchio, e al Poggiolo, presso S. Benedetto del Querceto.

Vi sono infine tracce di insediamento in localita' gia' esistenti nei secoli precedenti, ma non ricordate nel 1315: "La massa da le raro", gia' detta "massa Ellerario", Massarapi, dove nel 1385 sorgeva una "domus cupata", e S. Andrea, in cui esisteva u na "domuncula plana". Comunque sono 11 le localita' che persistono a distanza dei 70 anni che dividono le due rilevazioni, ad indicare una certa continuita' dell'insediamento ed una sua stabilita', oltre alle due localita' appena ricordate, che forse hann o una temporanea eclissi all'inizio del '300, ma che risalgono molto indietro come antichita' di stanziamento.

A Settefonti e Monte Armato, invece, il numero delle localita' segnalate aumenta: le 10 della prima "curia" diventano 15 e pure 15 le 14 della seconda; di entrambe 9 si rilevano sia nel 1315 che nel 1385, a riprova della continuita' dell'insediamento, non cosi' drasticamente decimato come si ritiene dalla cosiddetta "crisi del '300". Forse, tuttavia, la diminuzione della popolazione influi' sulla consistenza degli abitati, che abbiamo visto spesso rimpicciolirsi, dando sempre per scontato che tale proc esso puo' apparirci piu' evidente a causa di un ipotizzabile, ma non sicuro, aumento della proprieta' cittadina o ecclesiastica nella zona. Non dimentichiamo, infatti, che il Collegio di Spagna aveva gia' iniziato ad acquistare vasti possessi nell'altra p ianura e collina ad est di Bologna e che altre nobili famiglie cittadine avevano interesse ad impiegare i loro capitali in imprese sicure, anche se non fortemente redditizie come la gestione di poderi e fondi agricoli. Tuttavia, in attesa di poter reperir e dati sicuri al riguardo, va tenuto presente tale fattore, ma non trascurato l'effettivo calo della popolazione, che e' un fenomeno reale e accertato per tutta l'Italia, anche se in forme e in quantita' diverse da regione a regione.

A Settefonti, dunque, i luoghi dove sorgeva almeno una costruzione paiono aumentare, addirittura di oltre il 30% ma cala la densita' media di abitazioni in ogni nucleo abitato: di fronte alle 2,5 costruzioni che sorgevano in media in ogni localita' all 'inizio del secolo, ne rileviamo alla fine del '300 solo 1,6, segno della crescente diffusione dell'abitato di tipo sparso, sempre piu' frequente con il diffondersi del contratto di mezzadria e dell'accorpamento di fondi diversi in un unico podere. Tale p rocesso, se non riguarda direttamente i piccoli proprietari contadini, contribuisce tuttavia a diffondere la diversa mentalita' che crea la casa isolata sui campi come situazione abituale e normale, generalizzata. In realta' i centri demici della "curia" di Settefonti, gia' nel 1315 poco consistenti, non risentono molto drasticamente di tale fenomeno, ma nella "curia" di Ozzano la densita' passa da 3,3 case per abitato a 1,4 e a Ciagnano scende da 3,5 a 2,3.

Comunque, a Settefonti c'e' una persistenza molto alta di abitati, 9, e fra questi ricordiamo la "contrata de Castello" o "area de Castello", che conta 2 case, "Stevania" con lo stesso numero di abitazioni, "lo Cerro", che conta 3 case e una "sezunta c upata", e "lo Fiume", rimasto quasi invariato con le sue 4 case. Altro nucleo notevole e' "la Lama", dove sorgono 3 case, e "Chaxale", dove e' documentato un "albergo". Benche' tale termine indichi generalmente la residenza, la casa, ci pare che, nella su a rarissima presenza in questi estimi, esso debba assumere un significato particolare. E' infatti significativo che lo si trovi anche nella vicina "curia" di Monterenzio, in una localita' toccata anche in questa epoca dalla via romana Flaminia "minore". S i e' quindi altrove ipotizzato che esso definisca una specie di ricovero per viaggiatori, forse gestito da privati; il fatto di ritrovarlo presso Settefonti, altra localita' toccata in eta' medievale dalla stessa arteria transappenninica, rinforza la prob abilita' che tale significato sia aderente alla realta'.

Anche a Monte Armato la fine del XIV secolo vede una diminuzione del numero medio di costruzioni presenti in ogni nucleo abitato: dalle 3,1 del 1315 si scende a 2,1 del 1385. Come si vede, pero', quest'ultima cifra resta abbastanza alta rispetto a quel le rilevate in altre zone vale a dire Ozzano e Settefonti, anche se e' inferiore a quella di Ciagnano, e cio' dimostra la relativa compattezza e consistenza degli insediamenti, piu' che altrove stabili nel tempo. Infatti, anche a Monte Armato sono 9 i nuc lei abitati che rimangono presenti nel 1385 e fra questi i piu' consistenti sono "lo Puozo" con le sue 4 case almeno e un "medato", "Gaybano", anche ora il centro piu' significativo della zona, ricordato anche come "contrata Gaybani", che conta almeno 3 c ase 3 "medali" e una "columbina". Sono presenti ancora oggi, almeno come toponimi, "Caxola", che contava una casa con l'aia, "la Vale", dove era posta una "domuncula", e la "Rambalda" con una "domus cuppata".

Legato e complementare a quello dell'insediamento e' il problema della viabilita' medievale; essa consiste in una rete capillare di vie a corto raggio, che uniscono fra loro abitati o poderi, e in assi viari di piu' ampia portata, transappenninici e in terregionali.

I documenti rimasti per tutto l'arco del medioevo provvedono ad informarci dell'esistenza di una rete di strade compestri o di villaggio, che venivano curate e mantenute in efficienza dai proprietari dei terreni con esse confinanti, come la "via que es t inter runchos novos et veteres in curia Ugiani", che il Comune di Bologna ordina per statuto nel 1252 di aprire, determinare nella sua ampiezza e prolungare fino alla "Quaternam". Tale strada pare dirigersi da ovest a est ed essere stata "designata et a terminata", cioe' progettata nella lunghezza "per comune Ugiani", cioe' per iniziativa della stessa comunita' locale che essa serviva.

Gli spostamenti a piu' ampio raggio, invece, si effettuavano probabilmente ancora sulla dorsale appenninica che separa l'Idice dal bacino idrografico del Sillaro, lungo la via Flaminia "minore" tracciata nel 187 a.C. dal console C. Flaminio, dopo conqu istata e pacificata la pianura padana, per rendere possibili i collegamenti fra la Toscana, specificatamente Arezzo, e Bologna. Tale strada dovette tuttavia ricalcare e unificare piu' tronconi di una pista di crinale gia' intensamente battuta nella protos toria e che doveva proseguire lungo il corso di pianura della Quaderna fino a raggiungere il braccio piu' meridionale del Po, quello di Primaro. All'incrocio fra la pedemontana via Emilia, fondata insieme alla Flaminia II, e quest'ultima, presso il guado della Quaderna, sorse l'abitato, poi citta' di "Claterna".

Ma nel medioevo, decaduta e anzi completamente andata in rovina la citta' romana, spostatosi l'asse d'attrazione del popolamento verso la piu' occidentale Castel de' Britti, la strada, che aveva seguito fino a Settefonti il crinale, non scendeva piu' l ungo gli ultimi contrafforti appenninici verso la valle della Quaderna, ma a Settefonti deviava verso Ciagnano e nella sua "curia" scendeva probabilmente lungo l'Idice, come pare documentato nel 1181. Essa, poi, percorreva il lato destro del fondovalle Id ice fino a toccare, stando ad un documento del 1208, i dintorni di Castel de' Britti e quindi arrivare all'incrocio con la via Emilia nei pressi dell'ospizio di S. Giacomo del ponte dell'Idice.

Spostatosi in tal modo verso ovest il principale flusso di traffico transappenninico, la valle del torrente Quaderna fu comunque servita nel corso del medioevo da una "strata nova" che passava nei dintorni di Varignana e doveva seguire il corso del tor rente stesso, risalendo verso le colline, stando ai dati forniti dall'estimo di Varignana del 1315.

L'organizzazione ecclesiastica

Scomparsa gia' da secoli le pieve di S. Stefano "in Claterna" come circoscrizione ecclesiastica autonoma, rimase nel '300 come unica pieve quella di S. Giovanni di Pastino, che comprendeva nella sua giurisdizione tutte le chiese della zona e a cui, anz i, era sottoposta anche la chiesa di S. Stefano e l'omonimo ospizio per pellegrini. Tali notizie ci vengono fornite da cinque elenchi compilati nel corso del XI'V secolo sia dalla Curia bolognese che dal Comune a fini fiscali. Infatti gli elenchi del 1300 e 1315 furono compilati per ordine del vescovo al fine di determinare e percepire la decima, cioe' la tassa ecclesiastica del decimo del raccolto dovuta da ogni proprietario alla sua chiesa la quale ne versava 2/3 alla pieve, che a sua volta ne devolveva meta' alla Curia vescovile; quelli del 1366, 1378 e 1392 determinano invece i redditi imponibili, tassabili, di tutte le chiese della diocesi, da parte della Curia per i primi due e dal Comune di Bologna per l'ultimo.

Tali elenchi, quindi, oltre ad indicare la distrettuazione ecclesiastica in maniera capillare, ci permettono anche di verificare la consistenza economica delle singole fondazioni, pur con le lacune, inevitabili, che essi presentano. Potra' comunque ess ere utile soprattutto un'analisi dell'estimo del 1366, dal momento che esso e' il piu' completo, e della decima del 1315, perche' coeva agli estimi civili gia utilizzati.

Iniziando dalla zona di Ozzano, la chiesa di S. Pietro, che abbiamo gia trovato esistente con certezza dal XII secolo, rimane la piu' importante, essendo tenuta a versare 10 soldi nel 1315, contro i 7 s. di S. Lorenzo, l'altra chiesa ozzanese, ed essen do estimata nel 1366 libbre 8 e soldi 8 contro le 21. e 14 s. della seconda. Tale chiesa minore, ricordata solo nel tardo medioevo, sorgeva anch'essa nel castello, stante il fatto che sia S. Pietro che S. Lorenzo vengono definite in questi elenchi "de cas tro Ugiani", cioe' del castello di Ozzano: la prima nel 1366, 1378 e 1392, la seconda nel 1300 e 1366. Non e' quindi possibile stabilire nulla di certo sull'ubicazione della seconda, mentre S. Pietro esiste ancora oggi con questo nome all'interno dell'are a del recinto, ora non piu' esistente, del castello di Ozzano. Sulla via Emilia sorgeva, come sappiamo, l'ospizio di S. Stefano, che nel 1300 era compreso fra gli "Ospitalia civitatis Bononiensis et diocesis"; negli anni seguenti appare dipendere dalla pi eve di Pastino. Mentre tutte le altre chiese che abbiamo preso in considerazione nel 1300 rifiutano di pagare la decima, probabilmente adducendo giustificazioni o esenzioni, tale ospizio paga 30 soldi; nel 1315 ne versa 8 e nel 1366 viene estimato 14 libb re. Nel 1378, oltre all"'hospitale de Guaderna", viene aggiunta anche l'"ecclesia S. Stephani in Quaderna", a riprova della sua esistenza, forse unita strettamente a quella del vicino ospizio per viaggiatori.

A partire dal 1366 e elencata anche l'"ecclesia S. Marie de Hobla in Quaderna", estimata 1 l. e 10 S. e probabilmente posta alla Quaderna, dove ora sorge la parrocchiale di S. Maria.

Salendo verso le colline, invece, troviamo la gia' ricordata chiesa di S. Donato di Ciagnano, documentata a partire dal XII secolo e ora sottoposta ad una decima di 3 s. nel 1315 e ad un estimo di 41. e 4 s. nel 1366. Nel 1315 tale chiesa si colloca su l valore piu' basso della zona considerata, ma anche nel 1366 il suo imponibile non sale oltre valori medi.

La chiesa di Settefonti, intitolata a S. Maria, nel 1315 paga una decima uguale a quella di S. Pietro di Ozzano, 10 s. ma nel 1366 i suoi beni vengono stimati 3 l., una cifra medio-bassa. Infine, a Monte Armato esisteva la chiesa di S. Michele, che pag a 4 s. nel 1315 e viene estimata per solo 2 l. e 6 s. nel 1366, collocandosi in tal modo stabilmente sui valori fra i piu bassi del territorio preso in esame. In compenso, il monastero di S. Maria, di cui e tuttora esistente la chiesa, vanta la decima mol to consistente di 30 s. nel 1315 e l'estimo, altrettanto alto, di 60 l. nel 1366. Tale importante fondazione monastica appare, dunque, dopo lo spostamento a Bologna, in via Fondazza, delle religiose del monastero di S. Cristina di Pastino, avvenuto, pare, nel 1245 circa, il piu' ricco e potente ente della zona, seguito, ma a livelli molto piu' bassi di ricchezza, nel 1315 dalle chiese di S. Pietro di Ozzano e S. Maria di Settefonti e nel 1366 dall'ospizio della Quaderna con un divario ancora maggiore. La chiese piu' povere sono proprio quelle nelle cui vicinanze sorgono le prospere fondazioni ricordate: S. Maria "de Hobla", S. Michele di Monte Armato, S. Lorenzo di Ozzano nel 1366, a cui dobbiamo aggiungere per il 1315 S. Donato di Ciagnano. La forza di a ttrazione esercitata sui fedeli da queste chiese e dagli enti monastici avranno certo fatto si che le donazioni pie si rivolgessero a loro, a scapito delle chiese minori, poste magari anche in zone piu' povere o piu' spopolate.

La grave crisi economica che investe nella seconda meta del '300 la "curia" di Settefonti, ad esempio, si rispecchia anche nella situazione economica della sua chiesa, che, dalla seconda posizione nel 1315, scende alla quart'ultima su 8 nel 1366. A'l c ontrario, la buona tenuta della situzione finanziaria dei fumanti di Monte A'rmato si accompagna alla crescente prosperita del monastero di S. Maria. Infine, pur confrontata con la continua decadenza della pieve e chiesa di S. Stefano, la costante floride zza dell'ospizio per viaggiatori annesso attesta la vitalita della via E'milia come grande asse viario di comunicazione.

Ci fornisce notizie utili l'estimo ecclesiastico del 1392, edito dal Casini solo per quel che riguarda i nomi delle chiese ivi trascritti, tralasciando cioe le denunce di alcune di esse che vi sono riportate con la relativa cifra d'estimo. Evidentement e tale registro fu lasciato incompleto e non utilizzato, dal momento che tali dati furono raccolti solo per poche chiese fra quelle elencate, e quindi la sua utilizzazione da parte nostra si limita a dati di carattere particolare, senza puntuali confronti , del resto impossibili, fra le varie chiese. I'nfatti da tale estimo si ricava, ad esempio, grazie all'elenco dei beni della chiesa di Settefonti, che essa sorgeva nel castello, dove possedeva anche un terreno vitato e alberato, confinante con beni del n otaio Giovanni "de Bagno".

I'nvece, nell'elenco dei beni posseduti dal monastero di S. Maria di Monte A'rmato figura un mulino "positum in dicta terra iuxta dictum monasterium quod laoratur per affictu annue decem corb. frumenti": esso, cioe, era situato nei pressi del monastero stesso, si presume sull'Idice, e rendeva ogni anno un affitto di 10 corbe di frumento. Infatti, come abbiamo visto, era uso degli enti ecclesiastici affidare ad un mugnaio la conduzione del mulino, in cambio di un canone annuo in natura.

L'estimo dell"'Hospitale S. Stephani de Quaderna", poi, fornisce una precisazione decisiva sull'esatta ubicazione di tale istituzione religiosa, ora scomparsa. I'nfatti esso possedeva una terra "aratoria et vidata et prativa" di 33 tornature con una ca sa "posita in terra U'giani comitatus Bononiensis in loco dicto la Quaderna iuxta viam publicam a duobus lateribus, iuxta dictum hospitale iuxta rivum vocatum lo rivo Gorgaro. Tale terreno si trovava dunque nella localita Quaderna (quindi, presumibilmente , presso il ruscello omonimo) e confinava con il rio Gorgara, tuttora esistente con questo nome, e con l'ospizio stesso. Sapendo dall'estimo civile del 1315 che questa istituzione religiosa sorgeva presso la via E'milia, potremo concludere che essa era in quel tratto di strada (500 m. circa) fra Maggio e il ponte Quaderna, nell'area anticamente occupata dalla citta di "Claterna".

L'economia

Anche per la storia economica della nostra zona, la fonte principale e l'estimo del 1315, dal quale si ricavano notizie sulle diverse destinazioni agricole del territorio, sulla distribuzione e consistenza quantitativa dell'incolto, sul valore che veni va attribuito ai vari terreni; mentre, per quanto riguarda l'allevamento, vi sono dati relativi alla consistenza del patrimonio zootecnico delle campagne e sul suo valore in denaro. Infine, e possibile ricavare dalla fonte notizie sulla presenza di artigi anato, commercio e arti liberali nella zona, sufficienti per farci intravvedere almeno il quadro delle attivita di trasformazione dei prodotti agricoli e del loro scambio e la presenza di notai, medici, giuristi.

Anche per questo tipo di indagine non dobbiamo dimenticare che i dati in nostro possesso, forniti dall'estimo dei beni dei capifamiglia del contado, non sono esaustivi della realta economica della zona: ecludono infatti le proprieta di cittadini, di no bili, di enti ecclesiastici. I'l quadro che tracciamo pertanto, non sara completo, possiamo tuttavia considerarlo abbastanza attendibile: ad esempio, per quanto riguarda le percentuali della presenza delle diverse destinazioni agricole in una zona, esse p ossono essere considerate abbastanza indicative, non essendo probabile che i dati che si potrebbero eventualmente rintracciare per le proprieta cittadine, nobiliari ed ecclesiastiche smentiscano sensibilmente i rapporti (che si riscontrano costanti all'in terno di ogni "curia") fra colture e incolto e fra le colture stesse.

Essendo infatti le vocazioni agrarie determinate in buona parte dalle caratteristiche pedologiche, possiamo pensare ad una loro relativa stabilita nella stessa epoca e nella stessa zona, sia nelle terre di piccoli proprietari coltivatori, sia in quelle di proprietari nobili o residenti in citta, sia di enti religiosi.

L'agricoltura

Una prima considerazione che emerge dall'esame delle denunce dei fumanti e la sensazione di un'estrema frammentazione dei possessi: spesso gli appezzamenti di terreno dichiarati non arrivano all'ettaro e, anzi, tale estensione o altre superiori sono mo lto rare a Ciagnano e Ozzano, mentre sono quasi inesistenti a Settefonti e Monte Armato. Molto frequenti, al contrario, i terreni di 1 tornatura, cioe di circa 1/5 di ettaro, mentre non mancano i minuscoli pezzetti di qualche decina di tavole, il sottomul tiplo della tornatura, del valore di mq. 14,4.

I'l processo di parcellizzazione dei terreni coltivati, iniziato quando l'espansione demografica era al suo culmine, nel XIII secolo, si mostra gia ora molto avanzato, anche se spesso i proprietari possiedono diversi piccoli terreni posti in localita v icine o nelle stesse localita', non lontani, anche se separati fra di loro. Tuttavia, appare chiaro come questi modesti appezzamenti siano slegati e comunque simili fra loro per coltivazioni e non formino mai unita territoriali e fondiarie maggiori, ma re stino giustapposti e autonomi.

Tale stato di cose puo farsi risalire al processo di smembramento delle "curtes" gia descritto e iniziato intorno al XI'I' secolo, quando crebbe la pressione demografica, determinando anche l'espansione dei terreni coltivati e il conseguente arretramen to degli incolti e quando i grandi proprietari terrieri feudali trovarono piu conveniente dividere le loro vaste aziende in tanti "poderi" su cui era insediata una famiglia contadina affittuaria. A lungo andare, si verificarono ulteriori suddivisioni dei poderi per effetto delle spartizioni fra eredi, fino all'esasperata frammentazione della prima meta' del 1300, che non permetteva un razionale e redditizio sfruttamento dei terreni, dal momento che ogni proprietario voleva assicurarsi per prima cosa il ne cessario al sostentamento puro e semplice della famiglia, attraverso le colture di cereali e viti e non poteva quindi investire in colture specializzate o in animali da lavoro.

Probabilmente l'esame dei possessi di proprietari cittadini, dotati di capitali da investire nell'agricoltura e gia abbastanza propensi a colture piu redditizie, darebbe risultati diversi (162)- ma fra i piccoli e medi proprietari campagnoli non c'e ne ssuno ancora in grado di costituire vasti poderi unitari, stante il sovrappopolamento, soprattutto delle "curie" maggiori.

La situazione non cambia molto nel 1385, anzi la frammentazione rimane costante, anche se non mancano gli appezzamenti di una certa consistenza.

Le colture prevalenti sono dovunque cereali e viti, spesso associati nello stesso appezzamento all'incolto di vario tipo: prato, bosco o sterpaglia (terre "beduste" o "vigre"). Soprattutto a Monte Armato, la "curia" piu montagnosa, il bosco fa capolino in moltissimi terreni, spesso anche su quelli su cui sorge una casa, e si accompagna addirittura al vigneto o ai campi a cereali. A'l polo opposto, la "curia" di alta pianura di O'zzano vede un predominio dei terreni arativi e arativi con viti, giusta la vocazione colturale determinata dalla conformazione pedologica. La stessa situazione ritroviamo a Ciagnano, ma con una presenza un po' piu corposa del bosco, mentre a Settefonti la vite arretra sensibilmente di fronte ai terreni a cereali, magari misti a brughiera, e ai boschi, anche essi il piu delle volte associati alla sterpaglia. Venendo ad esaminare ogni "curia", iniziamo con la parte superstite dell'estimo di Ozzano: essa, come si e' detto, riporta i possessi di 125 dei presumibili circa 300 fumant i, ma, se tali dati sono incompleti, sono pero gia significativi, e, se non validi nei valori assoluti, sono tuttavia utili per confronti fra le varie destinazioni agrarie.

Su una superficie totale di terreni in possesso dei fumanti di 177 ettari, infatti, riscontriamo una presenza di ben 86,4 ha. di terre "aratorie et vineate", vale a dire il 48,7% del totale; seguono, con il 30,5%, le terre "aratorie" con 54,2 ha. I' pr ati coprono 5,3 ha., mentre 4 ha. sono totalmente dedicati al vigneto specializzato. Ma se il prato e distribuito in 14 piccoli appezzamenti, che non superano i 0,6 ha., i vigneti sono 10 e i piu ampi arrivano a 0,8 ha. Comunque, anche le terre "aratorie" sono divise in particelle non grandi; anzi, quella piu consistente misura appena 2,2 ha. La stessa frammentazione massiccia si verifica per gli arativi con vite, i cui appezzamenti piu ampi misurano 9 tornature, cioe 1,8 ha.

Solo per la "curia" di O'zzano abbiamo considerato nel conteggio anche i terreni su cui sorgeva una costruzione, casa o fienile, per non impoverire ulteriormente il patrimonio di dati a nostra disposizione e anche perche, se in altre comunita il notaio annota separatamente le case e i campi su cui queste insistono, cio ad O'zzano non si verifica, dandosi cosi anche la possibilita di osservare come si strutturi la casa in rapporto ai campi e viceversa. Si puo constatare che su 129 appezzamenti con arati vo e vite ben 49 ospitano una casa (quasi il 38%), mentre solo 19 su 121 terreni a cereali hanno una costruzione (15,7%). Poche altre case insistono su terreni misti: una su 6 tornature di terra "aratoria vineata prativa", una su 3 tornature di "aratoria buxiva prativa", una su terra prativa, ben 4 su arativo e prato, altre 2 su arativo con bosco e su arativo, vigna e bosco le 2 restanti.

I terreni preferiti per costruire la casa o forse quelli che si preferisce sistemare, una volta costruita la casa, sono quelli che alla vite sposano i cereali, forse associati nella caratteristica piantata, L'alternarsi di campi e filari di viti appogg iate ad alberi; purtroppo l'imprecisione e la stringatezza delle definizioni documentarie non ci permettono di essere certi dell'esistenza e diffusione gia' all'inizio del '300 di tale sistemazione agraria, che dalla fine del secolo fino all'800 e oltre, entro piu' modesti limiti, domino' le nostre campagne.

La "curia" montana di Monte Armato (164) vede, nonostante la sua posizione geografica, ugualmente un certo predominio dell'arativo, che con i suoi 9,1 ha. ricopre il 17,5% dei 52 ha. totali posseduti dagli abitanti della zona. I'l 14% circa e occupato dai 7,3 ha. a vigna e pure il 14% circa e sistemato ad arativo vignato, con 7 ha. Come si vede, le terre coltivate arrivano al 45% del totale: il resto e suddiviso fra numerose destinazioni che si combinano fra loro con associazioni a volte sconcertanti, che dimostrano la presenza insistente di incolto di vario tipo accanto alle colture, segno dell'accanimento degli uomini a coltivare le terre piu difficili, ma anche sintomo del permanere caparbio di aree boschive o incolte o non utilizzabili per franosit a', anche in una "curia" sfruttata e popolata come questa. Tali sono l'ettaro di terra "aratoria et bussiva" o i 0,6 ha. di terre "vineate beduste pascue", cioe a vite, incolte e a pascolo o gli 0,25 ha. di vigneto piu' bosco o i 0,6 ha. di "vineate et vi gre" o i 0,8 ha. di "vineate bussive ruinose", senza che noi ricordiamo gli appezzamenti divisi in quattro destinazioni, fra coltivi e incolto vario.

Anche a Ciagnano il 45% circa dei 75,6 ha. posseduti dai proprietari locali e costituito da campi coltivati a cereali o a cereali con viti (17 e 17,4 ha. rispettivamente), cui si aggiungono 2,4 ha. di terre "laboratorie et vineate", sostanzialmente equ ivalenti a quelle definite "aratorie et vineate". I boschi ricoprono solo 2 ha., mentre numerosi sono i piccoli appezzamenti frantumati in svariate coltivazioni o lasciati parzialmente incolti o a prato. A'nche qui compaiono spesso terre "lavinate" o "rui nose", dato che la "curia" di Ciagnano era composta in buona parte da colline calancose, ancor oggi soggette a frane e non utilizzabili per le coltivazioni.

La zona di Settefonti vede invece una netta prevalenza di terre "aratorie" (13,17 ha. sui 27,5 totali), seguite da quelle "buscive et beduste" (4,1 ha.) e "aratorie et vineate" (4 ha.), mentre un solo ettaro e coltivato a vigneto, frammentato in 10 app ezzamenti. Le colline accidentate della zona di Settefonti e i campi che degradano verso il fondovalle I'dice non erano, dunque, neppure in un periodo di intenso sfruttamento del suolo, del tutto asservite alle esigenze dell'alimentazione delle popolazion i locali; la natura aveva ancora il sopravvento sull'opera umana con sterpaglie e boschi.

Per quanto riguarda, poi, il valore che in questo estimo e attribuito ai vari tipi di terreno, coltivato o incolto, abbiamo condotto l'indagine sui dati relativi alla "curia" di Monte Armato, abbastanza rappresentativa sia per posizione geografica sia per situazione economica.

Le terre coltivabili o coltivate a cereali ("aratorie"), quelle presenti in maggior misura nella zona, sono anche quelle valutate di piu: da 1 libbra (ma e un caso isolato) fino a quasi 51. per tornatura; i terreni a vigneto, che le seguono per estensi one assoluta, valgono meno, dalle 2 alle 31., all'incirca come i terreni arativi e vitati, che, pure, in valore assoluto di estensione, sono poco meno diffusi.

Valori abbastanza alti mantengono i campi misti di incolto e colture: 21. vale una tornatura di terra "aratoria et prativa" o "aratoria vineata et ruinosa" o "vineata et vigra", 31. la stessa estensione di terra "vineata et bussiva" o "aratoria et ruin osa". Stime piu basse ricevono invece i terreni totalmente incolti: i bedusti valgono da 5 soldi fino ad un massimo di 31. circa, ma con diverse valutazioni intorno ai 10-20 soldi; le terre "vigre" non valgono piu di 20 s., cioe' 1 l., come le "quercedate ", coperte cioe' di querce; gli appezzamenti a bosco vanno da 4-5 s. a 21. al massimo, con svariate stime intorno ai 10-20 s.

Evidentemente, la piccolezza del territorio della comunita', connessa alla sua natura prevalentemente montagnosa, fa si che sia sopravvalutata la terra coltivata a cereali, che infatti e la piu frequente; segue il vigneto e gli appezzamenti misti di ar ativo e vite, pure molto presenti nelle denunce degli abitanti della "curia". Gli incolti a brughiera, buoni tutt'al piu' per il pascolo e la raccolta di fascine, e i piccoli terreni boschivi occupano un posto decisamente secondario nell'economia degli ab itanti locali.

Si rivela cosi il bisogno di terre a cereali, essenziali per l'economia di sussistenza delle famiglie contadine, che le accompagnano a vigne, spesso minime, che assicurano il vino, complemento indispensabile al pane, ormai diventato il piu importante e lemento dell'alimentazione. Frutti spontanei, cacciagione, animali da allevamento avranno continuato ad integrare la dieta contadina, ma certo in minor misura che non nell'alto medioevo, epoca di grandi estensioni selvagge e non coltivate, che ben si pres tavano alla caccia e pesca, al pascolo brado e alla raccolta di frutti spontanei. Tali vaste estensioni, boschi, boscaglie, paludi, praterie, nell '300 sono gia state in gran parte conquistate all'agricoltura, che permette di sfamare la popolazione in con tinuo aumento, ma costringe ad un'alimentazione molto meno variata, basata principalmente su cereali e vino, dato che gli scarsi animali allevati servono soprattutto per l'aratura e per i trasporti.

L'allevamento

Come gia anticipato, l'allevamento bassomedievale, limitato negli spazi a disposizione e nella quantita (per motivi economici), si riduce a complemento puro e semplice dell'agricoltura (168) Scomparsi i greggi di maiali che pascolavano nelle foreste al to-medievali (169) (gli estimi ricordano i maiali molto di rado, non si sa se perche non erano tassati o se perche erano di rado allevati, almeno in queste zone), vediamo ricordato qualche paio di buoi, che serviva evidentemente per arare i campi, piccole greggi di 8-10 pecore, qualche asino, qualche vacca, magari con il suo "manzolo", e poco altro.

E'saminando la presenza di animali da allevamento e la loro e la loro distribuzione nelle varie "curie", notiamo come la situazione sia abbastanza differente da zona a zona: dai minimi di Settefonti, in cui sono dichiarati appena 2 buoi, 10 agnelli, 2 manzi, 5 vacche e 48 pecore da parte di solo 6 dei 37 fumanti proprietari di beni (16% circa), saliamo alle cifre piu consistenti di Monte A'rmato (11 buoi, 76 pecore, 7 asini, 3 vacche, 5 "suignos", suini, e una cavalla), possedute da 14 famiglie sulle 3 2 totali (il 43% circa); a Ciagnano la percentuale di proprietari di animali e piu bassa, il 34%, ma molto piu alto e il numero di capi allevati: 31 buoi, ben 204 pecore, una sola vacca, una capra, 3 agnelli e una sola "pollerellam", che possiamo tradurre come pollastrella. A' Ciagnano vivono persone che potremmo quasi definire allevatori: tale e "Donixius quondam Petrizolli Santi" con i suoi due figli, che tuttavia possiede anche svariati appezzamenti di terreno coltivato e in piccola parte incolto. Biso gna ricordare, poi, che costui ha locato in soccida la maggior parte dei suoi animali, sia buoi che pecore, i primi per il lavoro, le seconde per latte e lana. Lo stesso fanno i tre figli del fu Benvenuto, Lamberto, Guido e U'gozzo, o i figli del fu A'lbe rtino, Pietro, A'raldino e Pace che tengono presso di se alcuni animali, altri li affittano, e inoltre coltivano numerosi campi.

A'ltre persone della zona possiedono qualche animale, ma basano i loro proventi economici sull'agricoltura, integrata dalla locazione e dall'allevamento diretto di animali da latte e da lavoro. Non dimentichiamo, infatti, che, essendo cosi scarsi e pre ziosi, gli animali venivano allevati soprattutto per quello che potevano produrre e fruttare da vivi e venivano uccisi per la carne solo quando erano gia vecchi e inutilizzabili altrimenti, a parte i suini.

I'n realta, mutato cosi radicalmente il paesaggio ed espansi i campi chiusi fino al limite estremo della possibilita climatica e pedologica di coltivazione, il vero problema dell'allevamento diviene ora la possibilita di alimentazione delle bestie, cos trette al pascolo nei pochi terreni prativi e incolti rimasti o sulle stoppie o nei boschi o alimentati con frasche, paglia, ghiande e altro. Solo gli animali da lavoro venivano stabulati per la maggior parte dell'anno; il letame degli altri animali, dunq ue prezioso concime per i campi, andava quasi del tutto sprecato. D'altra parte le terre dissodate erano troppo necessarie per la produzione di cereali o di altri prodotti destinati all'alimentazione umana per poter essere coltivate a foraggio, almeno fin che la curva della popolazione rimaneva in fase ascendente.

A proposito del valore attribuito ai diversi animali allevati, a Monte Armato un bue veniva stimato da 11. e mezzo a 21., fino a 21. e mezzo in un solo caso; un asino oscillava da 1 l. a 21. e mezzo, all'incirca come un bue, quindi; l'unica cavalla ric ordata nelle quattro "curie" vale ben 3 libbre.

Per quanto riguarda gli animali di piccola taglia, anch'essi hanno valori uniformi: una pecora vale sempre 3 soldi, esattamente come un maiale. Non dimentichiamo che queste sono stime ufficiali, a fini fiscali, quindi non rispecchiano, molto probabilme nte, i prezzi correnti di mercato; ma i dati permettono se non altro confronti fra i valori dei vari tipi di animali e tra questi e quelli dei terreni.

Infatti, da tali cifre si ricava che una pecora o un maiale venivano stimati circa 1/16 di un bue o l/20 di un cavallo o l/13 di una vacca. Pecore e maiali poi, valevano meno di una tornatura di terra incolta e 1/20 circa di una tornatura di terra "ara toria". Un bue, invece, valeva all'incirca come un terreno vignato di una tornatura e lo stesso un asino o un cavallo.

Artigianato,arti liberali e commercio

I dati forniti all'estimo del 1315 e riguardanti la presenza di artigiani nella zona non forniscono molte indicazioni, ma se non altro testimoniano, anche se indirettamente, la presenza di svariate persone esercitanti mestieri diversi dall'agricoltura.

Come gia' risultava dai registri dei fumanti duecenteschi, la "curia" maggiormemente dotata di artigiani e quella di Ozzano: qui nel 1315 vivevano un fabbro di nome "Raynerum", un barbiere, Simone di Giovanni, che possiede tre casamenti cioe terreni ed ificabili, nel castello, presso la piazza; Giovanni "Lilli" e beccaio (macellaio), come lo e Domenico. A'lberto e definito "chararium", forse costruttore di carri agricoli, (il termine non compare nei principali dizionari) e lo e' anche Martino.

Rispetto al 1249, dunque, sembrano calati i fabbri ozzanesi, ma compaiono altri artigiani, non meno importanti: un macellaio, un barbiere, un carraio.

Gli uomini di legge appaiono, rispetto al '200, essersi maggiormente articolati: di fronte a due notai della meta' del '200 stanno uno "iudex", a nome Benedetto, e Tommasino, definito "dotoris", dottore in legge. Invece un tal "magistrum O'rlandinum" o "Rolandum" e detto "medicum".

La presenza di un giudice a Ozzano, titolo che indicava il grado piu' alto e prestigioso degli studi di legge, e di un dottore, pure carica onorevole, anche se, per cosi dire, iniziale nella carriera giuridica, dimostra il notevole sviluppo di tale cen tro abitato.

Anche il fatto che altrove non si trovino altri artigiani o maestri di arti liberali, se non un tintore, Simone, a Ciagnano, riprova la posizione trainante che assume in questo periodo O'zzano rispetto alle vicine "curie" che si affacciano sulle valli dell'I'dice e della Quaderna. Tale castello, al centro di una vasta e popolosa zona di alta pianura, assume caratteristiche vicine a quelle di una piccola citta', con le botteghe di artigiani e la presenza di medici, giudici e notai, ma della citta, anche la piu piccola, non ha una caratteristica importante: manca il ricordo, sia nel Due che nel Trecento, di un mercato nella zona e, anzi, gia dalla fine del '200 pare che gli Statuti bolognesi prevedessero un mercato a Monterenzio, da tenersi nel giorno di S. Andrea, a Varignana, nel giorno di S. Lorenzo, e a Castel S. Pietro, la prima domenica di ogni mese.

Probabilmente, dunque, la popolazione della "curia" di Ozzano scendeva per i suoi commerci sulla via Emilia, grossa direttrice di traffico anche commerciale, mentre la popolazione della zona collinare poteva rivolgersi a Monterenzio, a meta della valle dell'Idice, o a Rocca Malapasqua, altra sede di un mercato annuale.

O'zzano, senz'altro non trascurabile, e tuttavia abbastanza lontano dalla via Emilia e non si pone come polo di scambio e di traffici commerciali restando anche fuori dalla direttrice transappenninica costituita dalla via Flaminia "minore".

Un'altra attivita di trasformazione dei prodotti agricoli e testimoniata dalla presenza, nell'estimo ecclesiastico del 1392 gia' ricordato, della menzione di un mulino presso il monastero di Monte Armato, posseduto dallo stesso monastero e situato, con buona probabilita', sull'Idice. La molitura dei cereali, nell'alto medioevo spesso diritto dei signori concesso a privati o comunita' dietro pagamento di un canone, viene spesso in eta' comunale nelle mani di consorzi di persone o di enti ecclesiastici. La sua fondamentale importanza accresciuta nel '2-'300 dall'uso sempre piu massiccio e frequente di cereali per l'alimentazione, rende tale attivita', o, meglio, il controllo economico di essa, uno dei diritti piu' ambiti.

Concludendo, per quanto riguarda la zona attualmente costituente il territorio comunale di O'zzano E'milia durante l'eta medievale, si puo ritenere che, al di la delle inevitabili difficolta' create dalla scarsezza delle fonti, per il periodo piu antic o, e, per il dopo dalla loro abbondanza che ne impedisce un completo utilizzo, al di la quindi della conseguente disorganicita della trattazione stessa, esce da questa indagine un quadro sufficiente a fissare linee di sviluppo, evidenziare lacune, discute re problemi ancora aperti, contribuire, in una parola, ad una maggiore conoscenza delle radici storiche di una zona che ci si presenta oggi con determinate caratteristiche economiche, insediative e culturali, in senso lato, popolata da una comunita' che v uole che queste radici siano ritrovate, studiate, riportate in luce, come componenti essenziali del suo essere oggi.