IL MEDIOEVO


LA PIENA ETA' COMUNALE (secoli XIII-XIV)

Il Duecento

Il comune

L'affermazione, ormai sicura e consolidata, dell'istituzione comunale nella citta' di Bologna, oltre ad accompagnarsi ad una serie di riforme politiche ed istituzionali, determino' anche fondamentali cambiamenti nell'organizzazione civile del contado: infatti il Comune cittadino, necessitando di garantire alla citta' approvvigionamenti e mercati e volendo inoltre rendere sicuri i possessi rurali dei cittadini, continuo' con determinazione ad estendere il suo controllo politico sulle comunita' del conta do, spesso, soprattutto le maggiori, organizzate in forme di governo comunale, in cui i "vicini", cioe' gli abitanti del "vicus", il villaggio, si riunivano in un organismo elettivo che assommava in se' i diritti feudali strappati ai signori della zona, d iritti che permettevano la gestione autonoma delle risorse economiche dei singoli e della comunita'.

Il '200 vede ampliarsi e inasprirsi, fino alla vittoria cittadina finale, la lotta, spesso armata, fra citta' e comunita' rurali, fra citta' e signori del contado, per arrivare al pieno controllo, prima politico, e poi, di conseguenza, economico, del t erritorio che gia' dall'epoca romana era stato assegnato al centro cittadino; in qualche caso, anzi, tentando di ampliarlo, a scapito dei Comuni vicini: Modena, Imola e Pistoia.

L'organizzazione territoriale

La progressiva sottomissione delle comunita' e dei signori del contado, attuatasi nel corso del XII secolo e proseguita nei primi decenni del XIII, porto' finalmente, verso il terzo decennio e piu' precisamente nel 1223, a dividere il territorio sottom esso nei quattro quartieri che dividevano al suo interno la citta', corrispondenti all'incirca ai punti cardinali: la porzione di citta' e contado situata a nord fu ascritta al quartiere di Porta Procola, quella ad ovest a Porta Stiera, quella a sud a Por ta Piera e infine quella ad est, ma comprendente il territorio fra la valle dell'Idice nella sua parte a sud della via Emilia e il corso di pianura del torrente Savena, era iscritta nel quartiere di Porta Ravennate.

L'esistenza di Ozzano e l'organizzazione ecclesiastica

Neppure in questo periodo si ha notizia dell'esistenza di un comune autonomo nella zona di Ozzano e potremmo, a questo proposito, avanzare alcune ipotesi per capire tale presunta assenza: la sua vicinanza alla citta' stronco' forse l'insorgere di tenta tivi di governo autonomo, che ostacolassero il controllo cittadino; ma una parte senz'altro importante giocarono molto probabimente i numerosi enti ecclesiastici, grandi proprietari terrieri, che in questa zona di alta pianura continuavano ormai da secoli ad acquistare terreni e diritti e avevano in tal modo accentrato nelle loro mani vasti possedimenti e giurisdizioni che spezzavano la compattezza dei possessi dei proprietari locali e infirmavano la loro coesione politica. Anche la posizione di queste co munita', poste a poca distanza dalla via Emilia e su terreni collinari o comunque abbastanza alti da non essere mai impaludati, favori' probabilmente un ulteriore frazionamento della proprieta' terriera, che spesso fu acquistata da ricchi cittadini, i qua li mantenevano solida la loro fortuna, ottenuta magari tramite la mercatura, attraverso grossi investimenti in case e terre facilmente raggiungibili da Bologna e redditizie per la loro fertilita' e buona posizione.

E' quindi molto probabile che in questa zona non si siano create le condizioni per il sorgere, come nella piu' segregata montagna o in zone di non ben definito assetto politico, come la collina verso il modenese, di comunita' di villaggio o castello au tonome.

Abbiamo invece notizia della presenza nel 1212 di alcune persone, definite esplicitamente domini de Olziano" o "nobiles viri de Olziano", i quali vedono assegnare dal maestro Benedetto al monastero di S. Stefano le decime "de fructibus omnium terrarum et possessionum quas dicti laici habent" nella pieve di Pastino e nel territorio che un tempo apparteneva alla scomparsa pieve di S. Stefano in Quaderna, inglobato poi in quella di Pastino.

In un altro documento quasi coevo al precedente, datato 1213, vediamo invece come le decime gia' contestate dei nobili ozzanesi non restino pacificamente nelle mani del monastero bolognese di S. Stefano, ma vengano assegnate dal maestro Grazia, "doctor decretorum", arbitro della contesa, alle chiese di S. Pietro e S. Lorenzo del castello di Ozzano, che le avevano rivendicate per voce dei loro sacerdoti, come a loro spettanti da tempo immemorabile. Invece al monastero toccano, in forza di tale arbitrato , le decime di tutte le altre terre degli uomini di Ozzano e di quelle di uomini "de populo" che passino in possesso dei 'domini" di Ozzano.

Inoltre la chiesa di S. Stefano mantiene la piena giurisdizione sugli uomini che abitano "ad stratam ad S. Stephanum in Quaderna" per quanto attiene "ad parrocchialiam", cioe' ai diritti parrocchiali, a meno che eventuali intromissioni dei sacerdoti di Ozzano non avvengano con il consenso del sacerdote titolare della chiesa stessa, sempre che questo esista.

Tali preziosi documenti ci mostrano dunque un quadro composito della situazione sociale ed ecclesiastica della zona; questa, poi, e' delimitata da entrambi i testi con una certa precisione, ma ora e' riconoscibile solo parzialmente nel territorio compr eso fra la via Emilia a sud, il torrente Quaderna ad ovest e un non precisato bosco a nord (il confine orientale non e' piu' identificabile). Possiamo comunque ricavare che ad Ozzano vivevano, all'inizio del '200, dieci nobili, ben distinti dal resto dell a popolazione, definita "homines de populo"; fra i nobili spicca, poi, nel testo del 1213 un tal Ospinello. Costoro erano riusciti, in precedenza, ad accaparrarsi diritti signorili nei loro possessi, sia che li tenessero "ad suas manus", sia che altri li lavorassero "pro eis ad certam partem fractuum", cioe' in cambio di un canone parziario, afferma ancora il documento del 1213.

Il controllo del Comune su Ozzano

Ma in questo secondo decennio del secolo XIII, quando il Comune consolida il suo controllo del territorio bolognese, si inquadra perfettamente la perdita di tali diritti da parte di quello che sembra un consorzio nobiliare, a favore di enti religiosi, prima il monastero di S. Stefano e poi le chiese ozzanesi, che risultavano forse piu' facili da controllare da parte del Comune cittadino; piu' facili le chiese di Ozzano anche del monastero bolognese di S. Stefano che si vide comunque confermare nel 1213 il dominio dell'omonima chiesa della Quaderna, ma che aveva perduto, gia' prima del 1212, la pieve di S. Stefano, soppressa in un'epoca che resta oscura, ma che possiamo collocare fra il 1180, anno della sua ultima menzione, e il 1212, nel quale risulta ormai eliminata ("in plebatu quondam S. Stephani in Quaderna", reca il testo del 1212, cioe' nel pievato un tempo esistente).

Vediamo, dunque, giungere ad estreme conseguenze la progressiva decadenza di tale pieve posta sulla via Emilia, che nel '200 e' denominata soltanto "parrocchia", per di piu' non sempre dotata di un sacerdote, mentre i diritti pievani erano passati a S. Giovanni di Pastino.

Carte ed atti

Non dimentichiamo, comunque, che la mole delle carte private, per non parlare degli atti ufficiali del Comune, diventa nel '200 veramente imponente ed impedisce allo storico un approccio frettoloso, imponendo anzi un lungo e minuzioso lavoro di spoglio e di lettura non ancora compiuto da alcuno in maniera completa. Una fonte, tuttavia, abbastanza accessibile e di grande importanza per la storia dell'insediamento e del popolamento sono i registri dei fumanti compilati da notai cittadini per ricordare tu tti gli abitanti della citta' e del contado risultanti capi di una famiglia, cioe' di un fuoco e quindi tenuti alla leva militare e alla contribuzione fiscale, in caso di guerra e di necessita' di spese straordinarie affrontate dalla citta'.

I registri dei fumanti

Il piu' antico di tali elenchi relativi al contado risale al 1249: per la zona in esame ci si presenta un problema nell'esatto conteggio delle famiglie residenti in ogni "curia". Infatti il registro fu in seguito modificato con cancellazioni e aggiunte : ad esempio, contando materialmente le persone elencate i cui nomi non fossero stati coperti con un tratto di penna o addirittura abrasi (tali modifiche non si possono purtroppo datare e quindi introducono un ulteriore elemento di incertezza in questi da ti), si ottengono cifre assai varie, che vanno dalle 33 famiglie di Monte Armato (circa 165 persone) alle 75 di Ciagnano e 84 di Settefonti (375 e 420 abitanti rispettivamente) fino alle 275 (1375 anime o poco piu') registrate nella "curia" di Ozzano.

Se si considerano come valide, invece, le somme fornite dai compilatori in coda all'elenco relativo ad ogni "curia", avremo 34 capifamiglia a Monte Armato, 66 a Ciagnano, 68 a Settefonti e 309 ad Ozzano.

Ma questo registro dei fumanti reca un ulteriore dato utile: all'elenco originario furono fatte aggiunte nel 1256, quando era podesta' di Bologna Manfredo Marengo, alessandrino, che ordino' probabilmente una revisione delle liste. Fortunamente per noi, le aggiunte furono trascritte ordinatamente negli spazi vuoti rimasti alla fine della descrizione di ogni comunita', con la notazione che questi nuovi elenchi di "additi", cioe' di nomi aggiunti, risalivano al "tempore domini Manfredi de Marenco potestat is Bononie". Possiamo quindi ricavare anche la cifra della popolazione residente nel 1256: 35 famiglie a Monte Armato, 80 a Ciagnano, 303 ad Ozzano, mentre a Settefonti il numero rimase invariato.

Comunque, al di la' di possibili diverse interpretazioni di queste cifre come abbiamo visto non sempre semplici da ricavare, il dato costituito dal numero dei capifamiglia residenti e' un punto fermo e, se potesse venire confrontato con il numero dei p ossidenti della stessa localita', potrebbe dare interessanti informazioni, ad esempio sulla presenza di nullatenenti, soprattutto se valutato in un ampio arco di tempo.

Da tali dati possiamo azzardare una considerazione sulla consistenza e la distribuzione del popolamento e dell'insediamento a meta' del secolo XIII: la piccola e montagnosa "curia" di Monte Armato e' anche la meno popolata, mentre le zone collinari di Ciagnano e Settefonti contano un discreto infittimento della popolazione, superiore ad altre localita' vicine (Monterenzio, ad esempio, contava 46 famiglie); il territorio di Ozzano vede un forte popolamento, superiore anche alla vicina e prospera Castel de' Britti, che ha solo 156 famiglie contro le oltre 300 di Ozzano.

Distribuzione della popolazione

La popolazione pare poi che vivesse distribuita nei tre castelli di Ozzano, Settefonti (gia' ricordati nei secoli precedenti) e di Ciagnano (di cui resta una traccia indiretta grazie alla presenza documentata del borgo) e nelle varie localita' minori, sparse, come abbiamo visto, nella campagna. Non si parla, al contrario, di una fortificazione a Monte Armato, il cui abitato principale pare fosse accentrato attorno all'importante monastero di S. Maria, ma distribuito anche in svariate "contrade" minori.

Infatti proseguiva in quel periodo il processo di ingrandimento degli insediamenti accentrati castelli o "villae", fortificati o no, ma la pressione demografica costringeva altresi' la popolazione alla diaspora delle abitazioni sui poderi coltivati; pr ocesso favorito dalla progressiva sicurezza instaurata dal Comune cittadino nel suo territorio, grazie alla lotta senza quartiere ingaggiata contro la superstite e turbolenta nobilta' feudale. In questo stesso quadro si inserisce lo sviluppo in tale epoca dei borghi, agglomerati stretti attorno al castello e alle sue mura, ma esterni rispetto ad esso, accoglienti la popolazione che non trova piu' posto nell'abitato fortificato originario e che spesso esercita attivita' artigianali.

Artigianato

A proposito, poi, di artigianato, lo stesso Registro dei Fumanti gia' ricordato elenca fra i capifamiglia di Monte Armato un tal "Jacobinus murator" ed "Henrigiptus sartor", mentre a Settefonti, centro di una certa importanza politica che ospita "Giber tucius notarius", abita anche "Drudolus faber". Ad Ozzano poi vivono due notai, Alberto e Attolino, ben quattro fabbri e un tal Pietro "beccarius", macellaio. Esisteva dunque, verso la meta' del '200, un artigianato nella zona, abbastanza variato nella sp ecialita', ma specializzato nel castello di Ozzano, che ospitava, come abbiamo visto, ben quattro fabbri per le necessita' della sua popolazione.

La politica fondiaria

Intanto continua anche la politica fondiaria intrapresa nel secolo precedente dal monastero di S. Cristina di Pastino: concessione di terreni a non coltivatori per un elevato numero di anni (20 e non piu' 29, tuttavia) con possibilita' di rinnovo, ma a nche tendenza all'accorpamento dei beni fondiari, tramite oculati acquisti di terreni vicini ad altri gia' in possesso delle monache

Tale politica, se da un lato cerca di frenare la parcellizzazione dei terreni, dall'altro continua a consentire la separazione fra il dominio reale detenuto dal monastero e il dominio utile, in mano ai concessionari, causata dalla lunga durata dei cont ratti.

Sembra dunque fermarsi la spinta innovativa che aveva animato questa istituzione fin dal suo sorgere e pare invece innescarsi un processo involutivo, statico, che non prevede miglioramenti e cambiamenti nella gestione dei beni fondiari, primo fra tutti l'introduzione dell'appoderamento e della mezzadria, che paiono assenti nel '200 nella strategia economica del monastero.

Ciononostante segni di rinnovamento si possono intravvedere nell'imposizione agli affittuari di canoni piu' alti e differenziati e di teniche colturali piu' avanzate, oltre ad una maggiore attenzione alla redditivita' del terreno.

Le carte ufficiali

In attesa, dunque, di uno spoglio completo ed accurato delle migliaia di carte private bolognesi risalenti al '200, abbiamo cercato di utilizzare alcune fonti ufficiali del Comune cittadino, che, dopo la conquista dei terreni tradizionalmente bolognesi , ma passati dopo l'invasione longobarda ad altri distretti, cerca ora di organizzare in un tutto omogeneo lo scomposto mosaico costituito dal territorio bolognese, sottoposto a superstiti signorie nobiliari, organizzato in libere comunita', posseduto da grandi fondazioni religiose, non sempre riuscendoci con successo o senza gravi opposizioni.

Nell'ozzanese unico grosso ostacolo all'unificazione del territorio sotto l'egida del Comune pare il vasto corpo dei possedimenti del monastero bolognese di S. Cristina in un dominio che sembra tuttavia avere assunto connotazioni piu' economiche che po litiche in un'epoca nella quale sempre piu' difficile era il perdurare di funzioni giurisdizionali nelle mani dei grandi immunisti, chiese e monasteri.