Scuola Media “Panzacchi” – I.C. Ozzano dell’Emilia

Anno scolastico 2008/2009




PROGETTO “I CARE”


Imparare comunicare agire in una rete educativa


Classe destinataria: 1ª D


Insegnante: Antonella Battista



Uno sguardo a volo d’uccello


E’ opinione purtroppo diffusa che la scuola pubblica rappresenti il trionfo della mediocrità, dove una persona dotata perde il suo tempo. Il timore di un apprendimento debole a causa della presenza di alunni in difficoltà o che si impegnano poco, rallentando di conseguenza l’andamento di tutto il gruppo-classe, si acuisce se ci sono ragazzi stranieri o diversamente abili: vi è il timore che tale presenza impedisca lo sviluppo degli apprendimenti, e trasformi la vita scolastica in un senso lodevolmente solidaristico, ma riducendone lo spessore specifico proprio.

Ciò è senz’altro da imputare alla mancanza di una cultura della diversità, che ha spesso prodotto una devastante e collettiva negazione del “diverso”, accompagnata da rigurgiti ideologici improntati all’intolleranza e alla demonizzazione. Non è un caso che l’Occidente si sia mosso nella conquista e nello sfruttamento economico del pianeta, ponendo alla base della sua spinta espansiva il presupposto etnocentrico della superiorità della propria cultura.

Noi siamo terribilmente convinti che la nostra cultura, la nostra legislazione e la nostra religione siano le migliori. Consideriamo sfortunati quelli che non possiedono la nostra ricchezza e ci sentiamo in dovere di trasmetterla, di insegnarla e persino di imporla. Chiamiamo “amore” per gli altri lo sforzo rivolto a farli cambiare, a far loro assumere le nostre convinzioni e le nostre certezze. E non ci accorgiamo che tutto ciò non è altro che un modo nascosto per imporre noi stessi, per salvaguardare rigidamente la nostra identità, per non smarrire la nostra certezza di essere dalla parte del giusto e del vero.

Quando la diversità viene ammessa, si tende inevitabilmente ad applicare una gerarchizzazione che si risolve il più delle volte in una proclamazione dell’inferiorità dell’altro: il più forte, il più ricco, il normodotato è portato a considerare il diverso da sé non solo più debole, ma addirittura inferiore, arrivando perfino a negarne o a vilipenderne la dignità e lo status di essere umano.

L’articolo n. 3 della Costituzione italiana recita che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la sua effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Più avanti, l’art. 34 stabilisce che la scuola è aperta a tutti e che il diritto all’istruzione non trova altri limiti se non nella volontarietà dell’interruzione da parte della persona. Mezzi e limiti di altra natura non sono, o perlomeno non dovrebbero essere, un ostacolo.

La scuola assume quindi un ruolo fondamentale nelle tematiche connesse alla formazione e all’integrazione dell’ “altro” nella società.

L’esperienza induce ad affermare che purtroppo le cose si complicano quando “alterità” si identifica con “diversità”. Nonostante il generalizzato consenso ad accettare, nella scuola pubblica, i disabili e i bambini stranieri, in molte realtà risulta ancora problematico il semplice inserimento. Dell’integrazione rimane il proposito, consci della difficoltà di concretizzarla, perché di non semplice accesso i presupposti e le condizioni.

Per fortuna, invece, in altre realtà scolastiche più attente e sensibili la pedagogia dell’integrazione non è solo teorica.


Le buone prassi

Ormai è un dato indiscutibile che non si può fare integrazione con gli interventi in solitaria dell’insegnante di sostegno né con la classica lezione frontale che non tiene conto dell’eterogeneità e delle differenze individuali che costituiscono sempre più la realtà delle nostri classi.

Servono delle strategie didattiche nuove, di cerniera tra l’alunno in difficoltà e la classe, fondate sulla sinergia tra gli insegnanti curricolari e quelli di sostegno, Strategie didattiche utilizzabili con tutti gli alunni (non solo quello disabile), che attivino direttamente le risorse informali di insegnamento presenti nel gruppo classe (gli altri alunni) e che valorizzino le differenze e attribuiscano conseguentemente ruoli distinti e complementari agli alunni, per dare concretezza all’imparare insieme.

Nell’ambito del progetto “I Care”, ho cercato di improntare la prassi didattica e il lavoro sul campo ai principi della pedagogia dialogica, adottando metodologie che concorrono alla effettiva realizzazione di un percorso di valorizzazione della diversità in un contesto scolastico, come ad esempio il cooperative learning, il tutoring, le reti informali di amicizia e di aiuto tra alunni.

All’inizio dell’anno scolastico, ho strutturato le attività di accoglienza con l’obiettivo di promuovere, attraverso la riflessione sulla propria identità e la conoscenza reciproca degli allievi, la socializzazione e la coesione dell’intero gruppo-classe, costituito da ventiquattro alunni, di cui uno munito di certificazione “H”.

In tale prospettiva, si è dato grande spazio al racconto, all’ascolto, alla memoria condivisa di esperienze personali, documentate dai testi espressivi confluiti nel cartellone “Vorrei che i miei compagni sapessero che…”, realizzato poi, a più riprese, da tutti i ragazzi.

Un ulteriore obiettivo perseguito si identifica con lo star bene a scuola: l’esperienza di godere di uno stato di benessere psicologico e di scoprire e costruire progressivamente la propria identità è connessa alla possibilità di vivere in un clima interattivo che appaghi i bisogni personali di appartenenza, di stima, di socialità e offra opportunità di un costruttivo contatto e confronto con gli altri.

Riguardo a ciò, si è cercato insieme di individuare e ridurre eventuali fattori di dissonanza o di disagio nelle dinamiche relazionali, attraverso la discussione guidata su temi legati al mondo della scuola e la lettura in classe di brani ad hoc (come ad esempio, “Il prepotente”, tratto da “L’inventore dei sogni” di Ian Mac Ewan, che affronta il tema del bullismo).

Parallelamente ho posto l’accento sull’importanza della collaborazione, della solidarietà, della relazione d’aiuto tra compagni di classe. Gli alunni hanno poi prodotto testi scritti su questi argomento.

L’ esperienza è stata gratificante per l’intero gruppo-classe e per l’insegnante.

Tutti i ragazzi hanno risposto con sensibilità ed entusiasmo alle sollecitazioni fornite, partecipando attivamente alle varie fasi del percorso e offrendo contributi preziosi per l’allestimento di contesti formativi stimolanti e, più in generale, per la creazione di un clima sereno e costruttivo.

 

Materiali prodotti

Sezione 1 - La 1ª D: volti e nomi, autoritratti e acrostici.

Sezione 2 - Lavoro di gruppo: la realizzazione del cartellone “Vorrei che i miei compagni sapessero che…” Foto scattate durante l’attività e testi.

Sezione 3 - Il disagio scolastico. Testi scritti (“Io e il bullismo”).

Sezione 4 . La relazione d’aiuto. Testi scritti (“Cosa farei per aiutare un compagno in difficoltà)

Sezione 5 – Questionari compilati (In questionario per conoscersi un po’; Io e la scuola: opinioni, desideri, aspirazioni).