Enrico Panzacchi - Poesie



LE MONACHINE

Siedono i bimbi attorno al focolare
e pigliano diletto
coi visi rubicondi, a riguardare
le monachine mentre vanno a letto.

O monachine scintillanti e belle
che il camin nero inghiotte,
volate forse a riveder le stelle?
buona notte faville, buona notte!

Mandano i tizzi un vago scoppiettio,
mentre che voi partite;
forse e' una voce di gentil desio,
che vi prega a restar, ma voi salite.

Ma voi salite frettolose, a schiere,
pero' che giunta e' l'ora,
e vi tarda le stelle a rivedere,
e a se' vi chiama una miglior dimora.

Dove li avete i candidi lettini,
a cui volate in frotte?
Forse fra i coppi, accanto agli uccellini?
Buona notte, faville, buona notte!

Siedono i bimbi intorno al focolare
assorti in un pensiero:
le monachine seguono a volare
su per la cappa del camino nero.

ORME SULLA NEVE

Sull’alba e' intatta al suolo
la grande nevicata
che fiocco' tutta notte;

poi sul bianco lenzuolo
appar qualche pedata:
piu' grandi e scarpe rotte.

Soffre la vita o dorme.
Ai bimbi il verno e' crudo,
come all’eta' cadente.

Veggo, fra l’altre, l’orme
d’un picciol piede ignudo
che m’attrista la mente…

Ahi, ahi, chi vi ristora,
o tremanti piedini
di fanciullo errabondo?

E vi son dunque ancora
Dei poveri bambini
Che van, scalzi, pel mondo?

VERSO SERA

Sul pian vasto ed uguale,
sui prati verdeggianti
come un’ombra invernale
si stende a me davanti;

e de’ colli emiliani
la vision mi toglie
batte il vento agl’antani
e fa cader le foglie

mentre le nubi erranti,
poco lunge da terra,
paion ferrei giganti
che si cercano in guerra.

Dio, come tetro e' il mondo
sotto il cruccio del cielo
e che sospir profondo
m’esce dal petto anelo,

e come sei lontano
dolcezza del mio core!
Urge da tramontana
Il nembo, il giorno muore:

muor cupo, annuvolato
e tristi ore minaccia:
Dio, se mi fosse dato
stringere la tua faccia

e baciar la tua testa
qui fra l'ombre crescenti,
mentre vien la tempesta
e fuor urlano i venti!


NELL’ORTO

L’antichissima casa era un convento:
quest’orto, il cimitero, i solchi arati
biancheggian di insepolte ossa di prati
li scansa l’ortolan con pio sgomento,

e narra e giura che, di notte, il vento
gli porta querimonie di dannati,
e che ha visto fantasmi incappucciati
errar, sotto la luna, a passo lento.

E’ l’ora calda del meriggio: il vecchio
continua le storie paurose
che carezzando m’empiono l’orecchio

e, insiem col sonno, al cerebro mi sale
l’olezzo dei mughetti e delle rose,
e un senso vago d’afa sepolcrale……….


TREBBIATURA

Meriggio. La macchina trebbia
ansando con rombo profondo.
Il grano, rigagnolo biondo,
giu' scorre. Nell'aria e' una nebbia

sottile. Sogguarda per l'aria
il nonno, con faccia rubizza
Nell'aria una rondine guizza,
radendo la bassa grondaia.

E intanto, che ressa sul ponte,
tra i mucchi di spighe e di paglie,
col sole che gli occhi abbarbaglia,
col sole che affuoca ogni fronte!

Le donne di rosse pezzuole
Avvolgon le trecce sudanti.
Non s'odon ne' risa, ne' canti.
Ma il nonno: - Su, allegre, figliole.


VOCI ANTELUCANE

Odo tra il sonno. Alla casetta
intorno
c'e' qualcuno che gira e che bisbiglia.

Per la finestra ancor non filtra
il giorno.

Poi segue un lento cigolio di ruote
e il bronzino tinnir d'una caviglia.

I buoi pesanti muovono le piote,
e giu' per la carraia il traio scende.

Odo gridar la vecchia: "O Luisella,
su, che il bifolco strepita!" Risplende,
certo, nunzia del di', la Gallinella