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Valle dell'Idice: viabilità storica

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La viabilità storica nella valle dell’Idice di Paola Foschi

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Leggende della strada

Si sa che le strade sono veicoli di idee e anche di quelle particolari idee che sono i racconti e le leggende: come viaggiavano per l’Europa le chansons de geste, i racconti leggendari delle avventure dei paladini e di Orlando, dei cavalieri della Tavola Rotonda e di re Artù, se non sulla bocca dei trovatori che si spostavano di paese in paese, di corte in corte, di città in città e trasmettevano quei racconti così bizzarri e affascinanti? Anche le leggende ambientate su una strada si diffondevano sulle strade stesse, ammaestrando e commuovendo, mettendo in guardia e facendo inorridire gli ascoltatori per il finale immancabilmente lieto, pur dopo peripezie e delitti.

Una vittoria contro il diavolo ricorda il nome dello spaventoso ofiolite (roccia di origine vulcanica) nero che fiancheggia la via Flaminia minore pochi chilometri a nord del passo della Raticosa, il Sasso di S. Zenobi, detto anche Pietramora (cioè pietra scura). Si racconta che il santo vescovo fiorentino Zanobi o Zenobi fosse così zelante ad abbattere i templi pagani e a convertire gli abitanti di città e di montagna che il diavolo, sdegnato, lo sfidò a trasportare un grande masso sulla più alta cima dell’Appennino: chi avesse vinto sarebbe stato padrone delle anime di tutti gli abitanti della montagna. Naturalmente Zanobi, con l’aiuto di Dio, riuscì facilmente a trasportare il grande masso vulcanico e a deporlo con garbo nei pressi del valico, mentre il diavolo sudò e sbuffò sotto il peso immane, finché dovette lasciar cadere il suo masso, che si frantumò in molti pezzi e divenne quel complesso di ofioliti detto Sasso della Maltesca o Mantesca che ancora si vede nell’alta valle dell’Idice.

Ha fondamento storico, invece l’incontro che sarebbe avvenuto fra l’evangelizzatore del territorio fiorentino Zanobi e il grande metropolita milanese s. Ambrogio: è tradizione che questo avvenisse presso il borgo di Pietramora, lungo la via Flaminia (minore), mentre Ambrogio si recava a Roma; un altro racconto che ha del leggendario vede ancora protagonista Zanobi e le montagne fra alta valle del Sillaro e alta valle dell’Idice percorse dalla Flaminia minore. Trovandosi ancora s. Zanobi su quelle montagne, lo raggiunsero gli inviati di s. Ambrogio che recavano in dono alla Chiesa fiorentina reliquie dei martiri Vitale e Agricola, appena

(Quella del dono di reliquie è una strana tradizione: individuane oggi di simili.)

ritrovati e riconosciuti in Bologna da Ambrogio stesso e dal vescovo bolognese. Ma un diacono, non pratico delle strade di montagna, era precipitato in un burrone ed era morto, ma la preghiera fervente di Zenobi lo fece risuscitare: ebbe tanta risonanza il miracolo che i Fiorentini vollero che fosse raffigurato nella tomba di s. Zanobi in S. Maria del Fiore colpita per mano di Lorenzo Ghiberti, nel 1432.

Un’altra leggenda agiografica, cioè legata alla vita di un santo, che ha qualche elemento di verità ed è strettamente connessa ad un punto cruciale e difficile della via Flaminia minore è quella della beata Lucia da Settefonti. Nel monastero di S. Cristina visse infatti una monaca Lucia nel XII secolo, divenuta badessa fra il 1149 e il 1156, e del resto, se non arrivò mai alla canonizzazione, Lucia fu proclamata comunque beata. Nel convento di S. Cristina di Settefonti, dunque, non lontano da Ozzano dell’Emilia, viveva una giovane monaca a nome Lucia, di vita santa e intemerata: di lei, della sua bellezza e purezza si era innamorato - ahimé, in modo molto umano e poco santo - un giovane cavaliere che viveva in quei dintorni, che spesso si recava al monastero per le funzioni religiose e per vedere l’amata, attraversando i pericolosi calanchi che dalla pianura conducevano all’altura dove sorgeva il monastero.

Trovando però la giovane del tutto sorda al suo amore e tutta dedita all’amor di Dio, il giovane per dimenticarla non trovò di meglio che andarsene in Terrasanta per partecipare alle Crociate, redimendo così anche la sua anima e acquistando meriti con il combattere gli infedeli. La storia è commovente e, come si diceva, saldamente ancorata ai luoghi, alle emergenze paesaggistiche, ai percorsi ben noti della collina ozzanese: preso prigioniero e languendo in catene in un carcere maomettano, il cavaliere sognò il ben noto percorso sui calanchi, Lucia che lo guidava al monastero e se stesso, rotti i ceppi, che la seguiva. Non era un sogno, ma la realtà, perché il giovane, svegliatosi, si trovò miracolosamente, con le catene rotte ancora ai polsi, su quelle colline amate, in prossimità del luogo dove viveva l’amata Lucia. Avvicinatosi al monastero, venne però a sapere che la giovane durante la sua lontananza era morta santamente: capì che il miracolo di cui era stato protagonista era avvenuto per intercessione dell’anima santa a cui era affezionato. Si creda o non si creda al miracolo, i ceppi si trovano ancora oggi nella vicina chiesa di S. Andrea di Ozzano, a perpetua memoria del cavaliere e di una delicata storia d’amore.

Attività:

1) Che cosa è successo al diavolo che non è riuscito a portare sul crinale appenninico il "sasso" grande come quello di S.Zenobio?
Chi era S. Zenobio e dove si trova la sua tomba?
Come mai tanto onore?

2) Perché Lucia non ha voluto il cavaliere che spasimava per lei?
In quale occasione Lucia è riuscita ad essere riconoscente al cavaliere