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Valle dell'Idice: viabilità storica

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La viabilità storica nella valle dell’Idice di Paola Foschi

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Insediamento

Flaminia
minore

Leggende

 

La viabilità etrusca nella valle dell’Idice in rapporto agli insediamenti

Vari studiosi dell’Antichità in questi ultimi anni hanno gettato le basi per il riconoscimento dell'importanza della valle dell'Idice nel panorama commerciale etrusco per i traffici fra l'Etruria settentrionale e il mare Adriatico: a Monte Bibele, che fronteggia la Flaminia minore fra Zena e Idice, è stata ritrovata ceramica volterrana del IV e III secolo a.C. e ceramica attica del IV secolo, materiali che trovano puntuali riscontri nella necropoli di Spina.

Queste riflessioni possono essere oggi integrate con altre considerazioni sulla presenza degli Etruschi nella montagna fra le valli orientali del Bolognese e la valle del Santerno e il Mugello, derivanti da un maggiore approfondimento degli studi archeologico-topografici. Oltre alle osservazioni più superficiali, quali la presenza degli idronimi (nomi di fiumi e torrenti) Quaderna, Santerno e Diaterna lungo il percorso della Flaminia minore, che sono stati riferiti alla lingua etrusca, i fatti più appariscenti sono rappresentati senz’altro dalla presenza, sul versante appenninico settentrionale, di alcuni santuari votivi etruschi, fra cui il più noto e interessante del Peglio (3 km ad est della Raticosa), e i ritrovamenti nella città etrusco-celtica sul massiccio del Monte Bibéle.

I santuari votivi sorgevano in luoghi di particolare suggestione, presso specchi d’acqua, di solito, e ad essi convergevano popolazioni anche lontane, quindi si trovavano di solito presso vie di comunicazione di rilievo extra-locale: ebbene alle Pozze, luogo non distante dalla cima di Monte Bibele, si sono ritrovati in anni recenti ben 195 bronzetti votivi, rappresentazioni miniaturizzate e stereotipate degli offerenti come ex-voto, ma anche vasetti miniaturizzati e altri materiali di vario genere, riferibili al V secolo a.C., ritrovati in quella che allora era una zona umida o un vero e proprio lago oggi scomparso. Probabilmente le vie di crinale alla destra e alla sinistra del torrente (crinali Idice-Zena a ovest; Idice-Sillaro ad est) erano destinate a portare nella conca di Firenzuola e da qui nei bacini del Mugello e del Casentino (Daniele Vitali). E’ questo il percorso seguito dalla via Flaminia minore, la strada consolare che nel 187 a.C. sarebbe stata sistemata per collegare il territorio bolognese con Arezzo. Occorre ricordare che il luogo sacro delle Pozze era intensamente frequentato prima che venisse costruita la città ritrovata a Monte Bibele, cioè in una fase insediativa più antica, in seguito cancellata dal nuovo insediamento, che noi oggi andiamo ritrovando.

Per quanto riguarda la fase pienamente etrusca, sappiamo che la città scavata a Monte Bibele aveva un impianto urbanistico regolare, organizzato per file di case che si adattavano all’andamento del pendio, separate in isolati da una maglia strade diritte e ortogonali fra di loro: si sono ritrovati due tipi di strutture stradali, quelle in ciottoli e sfaldature di arenaria, con andamento parallelo alla pendenza, e quelle strutturate a gradoni per seguire il pendio del monte, costruite nello stesso materiale locale.

Attività: gli insediamenti etruschi svolgevano principalmente due funzioni:chiariscile raccogliendo i dati in una tabella di questo tipo

Tipo di insediamento

Testimonianza ritrovata

Periodo

     
     

In modo particolare Monte Bibele e la sua necropoli non sono importanti solo nel quadro del popolamento etrusco di V secolo a nord dell’Appennino, bensì anche nel secolo seguente, il IV, quando si verificò in Italia e più precisamente nella seconda metà del secolo a Bologna, l’arrivo degli invasori gallici (Celti) e si stabilì quindi una convivenza fra gli abitatori locali e i nuovi arrivati.

Tuttavia in età celtica "rispetto alla fase felsinea si assiste…al mutamento delle vie commerciali: il rinvenimento di ceramica volterrana, in quantità rilevanti, nell’insediamento di Monte Bibele è un valido indizio – afferma Stefania Vellani – di come la vallata dell’Idice sia ora diventata una delle direttrici privilegiate del flusso commerciale volterrano verso il delta del Po, in alternativa all’antica via di collegamento transappenninico lungo la valle del Reno": la città etrusca di Monte Bibele e tutta la valle dell’Idice, quindi, lungi dall’essere danneggiate dall’occupazione celtica, come avvenne invece per Marzabotto, divennero tramiti frequentati di commercio a lungo raggio, fra il sud e il nord della catena appenninica. Oggetti di lusso come gli specchi di bronzo che facevano parte di tre corredi femminili databili fra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C. mostrano legami commerciali con botteghe dell’Etruria meridionale interna, mentre le ceramiche a vernice nera "attestano stretti legami con Volterra e l’Etruria settentrionale".

I vasi a vernice nera ritrovati a Monte Bibele provenivano da varie zone d’Italia, dal sud e dal nord della catena appenninica: da Spina, ma anche da Volterra, Arezzo e dal Lazio, attestando che gli abitanti della città avevano a disposizione un’ampia gamma di prodotti che potevano giungere loro da vari luoghi di produzione e che effettivamente scelsero prodotti diversi, pur nella stessa categoria di ceramiche.

Gli abitanti di Monte Bibele, fossero etruschi o galli boi o le nuove generazioni derivate da matrimoni misti, bevevano inoltre vino (ritrovate due anfore) che proveniva dalla zona etrusco-laziale, le donne si ornavano con perle di vetro e ambra o con bracciali pure di vetro, all’uso gallico, come tante altre donne dell’area padana; tre di loro, di rango particolarmente elevato, tenevano nel loro corredo (e fu sepolto con loro) uno specchio di bronzo di fine fattura etrusca, finemente decorato con personaggi e scene mitologiche; tutti e tre provenivano da botteghe dell’area meridionale dell’Etruria interna (forse da Bolsena). Probabilmente frutto di un arruolamento come mercenario e non l’indice della reale circolazione monetaria fu invece il gruzzolo che un Gallo conservò, formato da monete meridionali, coniate fra la metà del IV secolo all’inizio dell’ultimo quarto del III secolo a.C.: il tesoretto ritrovato sotto al pavimento di una casa molto probabilmente fu nascosto dal suo proprietario quando nella valle giunsero i Romani e distrussero l’abitato, nella speranza, risultata vana, di poterlo recuperare in tempi più sicuri. In circolazione comunemente erano invece le monete romane e celtiche ritrovate negli strati di abbandono e di crollo delle abitazioni, perse nella stessa drammatica occasione, la definitiva distruzione dell’abitato da parte dei Romani, agli inizi del II secolo a.C.

Attività : sottolinea con un colore gli oggetti che venivano portati, nelle operazioni commerciali, da sud a nord e con un altro quelli che provenivano invece da nord. Quali vie saranno state maggiormente percorse nella valle dell’Idice?

Tuttavia a Monte Bibele non abitavano solo Etruschi e Celti, ma è attestata anche la sporadica presenza di Liguri e Umbri, che formavano un esempio di convivenza pacifica, o un crocevia di genti.

Tuttavia non solo il massiccio del Bibele sembra un forte fulcro di popolamento e di traffici, benché si trovi leggermente discosto rispetto al preciso percorso della successiva via romana che chiamiamo Flaminia minore: la città etrusco-celtica domina infatti la valle dell’Idice nel suo versante occidentale, mentre la strada corre sul versante orientale. La presenza di una così importante città lungo la valle secondaria del torrente Zena mostra invece la capillarità del popolamento etrusco, installato lungo percorsi di crinale anche in valli minori, che non hanno uno sbocco diretto sul crinale appenninico. L’occupazione romana si calò allora in una zona densamente popolata e se da un lato distrusse gli abitati etrusco-celtici esistenti, dall’altro impostò una nuova valorizzazione agricola imperniata sulla grande via di comunicazione tracciata sul crinale principale.

Per la verità ritrovamenti archeologici casuali del secolo scorso e scavi recenti ci stanno facendo meglio conoscere il settore orientale del territorio bolognese e stanno rivalutando non solo la valle dello Zena, molto interessante con i resti di un insediamento a terrazze del XIII secolo a.C. a Pianella di Monte Savino, ma anche il crinale fra Idice e Sillaro come zona privilegiata di insediamenti fino dalle età più antiche e indicano la possibilità di individuare in questo crinale un tramite prioritario nel panorama viario preromano addirittura dall’età del Bronzo recente (1300-1170 a.C.) e con continuità fino all’occupazione romana, attraverso numerosi e significativi ritrovamenti lungo tutta la valle. Per quanto riguarda l’età del Bronzo recente, significativi sono i ritrovamenti ottocenteschi di ceramiche lungo tutta la valle dell’Idice e del suo crinale orientale, da Castel de’Britti a Settefonti a Orbega, fino a Monterenzio Vecchia: in quest’ultima località i ritrovamenti recenti di materiali sia d’uso comune riferibili ad un abitato, sia funerari provenienti dalla relativa necropoli in un arco cronologico compreso fra la fine del VI e l’inizio del IV secolo a.C. permettono di attestare la continuità d’importanza anche nell’età del Ferro di questo insediamento. Anche i corredi funerari dello stesso tipo della Certosa (Bologna) ritrovati nel podere Lamma di Mercatale (nel comune di Ozzano dell’Emilia) attribuiti al V secolo dimostrano che la valle, anche nel suo versante destro, è pienamente inserita nel panorama culturale etrusco presente nel territorio bolognese.

L’abitato di Monterenzio Vecchio ebbe, a quanto è dato di capire, un’evoluzione parallela a quello di Monte Bibele, che lo fronteggia sul crinale antistante: ad un nucleo etrusco si sovrappose bruscamente l’arrivo di una popolazione di guerrieri gallici, che lasciarono, per inciso, nelle loro tombe materiali perfettamente paragonabili a quelli di Monte Bibele. Ma anche a Castel de’Britti, presso lo sbocco della valle dell’Idice in pianura, si hanno prove della grande importanza della zona nella prima età del Ferro, grazie alla tomba signorile da cui proviene il segnacolo in pietra scolpita, rettangolare e sormontato da un disco, che trova confronti con le simili ben note stele felsinee e prova legami fra le famiglie della valle e l’élite del capoluogo bolognese.

Attività :cerca sulla cartina e segna con una "E" il massimo numero di località in cui sono stati segnalati ritrovamenti etruschi.