Il 28 Novembre abbiamo fatto un viaggio di istruzione a Fossoli, Carpi e Nonantola. Nel campo di smistamento di Fossoli tutte le baracche erano rotte e cadenti. C' erano molte piante e a vederlo così, ti incuteva terrore ma soprattutto dolore. Il dolore di camminare su quel terreno dove migliaia di persone erano state portate ad Aushwitz, o separate dalle proprie famiglie, o uccise dalla stanchezza o perché erano inutili. Non ho pianto, però dentro di me, ero triste e dispiaciuta, ma allo stesso tempo arrabbiata con le persone che hanno ucciso degli innocenti. La guida ci ha raccontato che il Campo di Fossoli era un campo per i prigionieri di guerra. Nel '44 fu occupato dai nazisti e, visto che i prigionieri di guerra aumentavano, il campo fu ampliato. Il campo di Fossoli fu scelto perché aveva una buona comunicazione con altri campi di sterminio. Al contrario di altri campi, a Fossoli i deportati potavano ricevere delle lettere e vendere e scambiare oggetti. Di mattina e di sera facevano degli appelli, però non venivano chiamati per nome ma per numero. Il campo di smistamento e quello dei prigionieri era diviso da un canale e collegato da due ponti. Alla fine di luglio gli alleati erano ormai in Italia. Le sSS pensavano che il campo di Fossoli non fosse più sicuro e si spostarono a Bolzano nel campo di Gries.

Perché tutto questo è successo? Ve lo siete mai chiesti il perché? Io si però non l'ho ancora capito.

Dopo siamo andati al museo di Carpi. Nel cortile antistante abbiamo visto delle steli, lastre con scritto sopra i nomi dei campi di sterminio. Prima di entrare la guida ci ha spiegato che il museo era costituito da tredici stanze, e le scritte erano state realizzate con solo con tre colori: rosso come il sangue, nero come la morte e grigio come l'indifferenza. Visitando il museo, avrei voluto piangere. Era difficile guardare, cadaveri uno sopra l' altro o resti di persone nei forni crematori. Ma perché ad Aushwitz si facevano i tatuaggi, invece di mettere delle targhette? Non capivano che le persone soffrivano? A quanto pare no. Le SS pensavano che prima o poi i corpi sarebbero stati trovati, allora inventarono i forni crematori. L' ultima stanza era piena di nomi di ebrei italiani morti nei campi di concentramento.

Dopo il Museo siamo andati a mangiare, e dopo ci siamo spostati a Nonantola a vedere una mostra su Villa Emma. C'erano tante foto di ragazzi e ragazze ebrei, scampati alla morte andando in Svizzera. Però per andare a Villa Emma dovevamo fare un viaggio molto lungo. Bisma, un testimone di quel periodo, ci ha raccontato che quando andava a scuola gli dicevano di odiare gli ebrei, ma suo padre spiegava che erano persone come noi. Questa gita mi è piaciuta moltissimo e mi ha insegnato a pensare con la mia testa; mi ha fatto provare emozioni forti ma anche dolci e che non esistono differenze fra gli uomini e non esistono la razze.


Angelica Morara 3°D