Nonantola:

La stazione di Nonantola e Villa Emma


Abbiamo fatto la prima sosta davanti alla stazione si Nonantola nella quale il 17 luglio 1942 sono arrivati un gruppo di ragazzi ebrei provenienti da Zagabria.

Il loro viaggio però era cominciato un anno e mezzo prima tra l'ottobre del 1940 e il gennaio del 1941, riuscendo a scappare dalla Germania arrivando in Jugoslavia aiutati da una signora con l'intento di portarli in Palestina, la loro terra promessa. Però non ce la fece perché un gruppo di ragazzi venne fermato dai tedeschi e dagli italiani e quindi dovettero scappare in Italia aiutati dalla DELASEM, un' associazione che trovò un rifugio per loro in Italia e facendoli entrare con permessi. Si rifugiarono a Lesnoberd in Jugoslavia (a quei tempi posseduta dagli italiani) dove rimasero un anno perché dopo cominciarono le lotte fra Jugoslavi e Partigiani. Quindi la DELASEM dovette trovare nuovamente un rifugio e fu quello a Nonantola a Villa Emma: quando i ragazzi arrivarono, erano già tutti orfani ma alla loro insaputa. Quando arrivarono la trovarono completamente vuota quindi per le prime notti dovettero dormire per terra senza acqua, senza luce e senza riscaldamento. Dopo pochi giorni però la DELASEM inviò a Villa Emma letti,vestiti e vennero allestite aule di studio per i bambini e ai ragazzi più grandi venne data la possibilità di lavorare. Tra l'8 e il 9 settembre del 1943 tutti gli ebrei di Villa Emma dovettero nascondersi nelle case degli abitanti di Nonantola perché l'Italia aveva firmato l'armistizio con gli angloamericani così i tedeschi da nostri alleati divennero nostri nemici.

Visto che sapevano degli ebrei si diressero subito a Nonantola ma poiché gli ebrei non potevano rimanere nascosti per molto perché con i rastrellamenti dei tedeschi sarebbero morti tutti, scapparono un'altra volta con l'aiuto di don Arrigo e del dottor Moreali e in tre gruppi separati sono riusciti tra il 6 ed il 22 ottobre ad arrivare in Svizzera pagando. La Svizzera li accettò anche perché il governo in esilio garantì e si impegnò a farli tornare indietro alla fine della guerra.


TESTIMONIANZE DI GEPPE CHE ALL'EPOCA AVEVA 12 ANNI E VIVEVA A NONANTOLA


Nelle scuole:

Da quanto erano poveri i ragazzi andavano fino alla metà di novembre scalzi a scuola oppure con giubbotti militari presi dai loro genitori. Il podestà, vedendo questi ragazzi scalzi decise di regalare loro degli zoccoli di legno con sopra della pelle. A scuola i maestri insegnavano su un libro intitolato “La difesa della razza” a mettersi contro gli ebrei e li rappresentavano come rozzi, cattivi, stracciati, tirchi. Poi al quarto anno ai ragazzi veniva consegnato un fucile e insegnato loro a sparare, a smontarlo, e così via.

A scuola portavano divise: in prima, in seconda e in terza elementare portavano la divisa dei figli della lupa, quelli di quarta e di quinta portavano la divisa dei balilla.

La classe era suddivisa in tre gruppi: i deficienti (contadini), i mediocri e i bravi ( figli degli insegnanti e amici).

A casa :

Alla sera nelle case c'era l'oscuramento ed il coprifuoco in altre parole con l'oscuramento si intendeva il buio totale infatti le finestre sigillate senza che un filo di luce uscisse perché altrimenti gli americani avrebbero bombardato le case illuminate.

Invece il coprifuoco significava che al calare del giorno bisognava chiudersi in casa e non uscire per nessun motivo, solo le persone che andavano al lavoro che possedevano un permesso speciale potevano girare nelle strade di sera. Una sera verso le 21 e le 22 sentirono bussare alla porte, il suo papà andò ad aprire e parlò per 10 minuti a bassa voce con dei nonantolani; appena finito tornò a tavola e visto che doveva raccontare alla famiglia cosa gli avevano detto, fece sbattere 3 o 4 volte la testa contro il muro a Geppe perché visto che era il più piccolo aveva paura che andasse a dire qualcosa. Infine raccontò che avevano bisogno di nascondere degli ebrei in casa loro, ma loro erano poveri e avevano una casa piccola. Suo padre era un campanaro di una chiesetta così gli venne l'idea di dove metterli. Una sera arrivarono i nonantolani e gli portarono 4 ebrei: li nascose sulle volte della chiesa da dove, per entrare, bisognava attraversare una porta di 40 cm. Tutto il giorno dovevano stare seduti sulla volta quando il padre un giorno decise di portarli su un campanile per far loro sgranchire le gambe. La famiglia di Geppe fece uscire le ragazze ebree e le portò nella stalla, quando ad un tratto, arrivarono due tedeschi in moto ad elevata velocità. Le donne ebbero la prontezza di portare velocemente dei vestiti da contadine alle ragazze grazie ai quali passarono come lavandaie del posto. Il tedesco, dopo essersi avvicinato ad una di loro ed aver fatto un sorrisino malefico, non accorgendosi che erano due ebree andò via.

Dopo vari giorni gli ebrei se ne andarono dalla casa “segreta” ringraziando tutta la famiglia.


Secondo noi la gita a Nonantola è stata molto interessante soprattutto la parte che riguarda i racconti di Geppe perchè è più penetrante il racconto di una sopravvissuto. Noi la gita la faremmo nuovamente molto volentieri.


Luca Cavallari, Andrea Paolini,

(Luca Bertocchi), Federico Ferraro,

Donato Romanelli