Nonantola: storia di ragazzi ebrei. La Torre del Macello


Un gruppo di ragazzi ebrei provenienti da diverse parti d’Europa il 17 luglio del 1942 arrivarono a Villa Emma presso Nonantola. Scapparono in Italia perché qui nonostante fossero già in vigore le leggi razziali non rischiavano ancora la vita.

Aiutati dall’Associazione della DELASEM si rifugiarono a Villa Emma, presa in affitto dall’associazione ma non ancora in grado di ospitare delle persone. Dopo poco la DELASEM li aiutò inviando i letti, la cucina, e arredando le aule per studiare. Qui i ragazzi erano seguiti da diverse persone, tra cui il dottor Giuseppe Moreali e da Don Arrigo Beccari. Queste persone organizzavano la giornata e la suddividevano in orari precisi. Si insegnava ai ragazzi a lavorare e gli si dava un’istruzione: molti ragazzi diventavano falegnami e l e ragazze imparavano a fare le sarte. In tutto c’erano più di 70 ragazzi.

Nell’Ottobre del 1943, quando vennero emanate le leggi razziali, i ragazzi scapparono in Svizzera e vi rimasero fino alla fine della guerra. Nel 1945 molti tornarono in Italia e rincontrarono i loro accompagnatori.

Geppe è un paesano di Nonantola vissuto in quegli anni e ci racconta … “ Quando ero bambino la scuola era molto diversa da quella che frequentano i ragazzi di oggi. Alle elementari si studiava in un libro specifico anche la “ difesa della razza” e gli insegnanti parlavano della superiorità della razza ariana. In classe i banchi erano allineati in tre file: la prima era quella dei deficienti cioè i figli dei contadini, che dovendo lavorare nei campi, non avevano il tempo di studiare, la seconda era occupata dai mediocri e la terza dai bravi. La disciplina era molto severa ”.

Dopo essere stati a Villa Emma, un'enorme villa non accessibile all'interno perché è stata comprata, siamo andati poi verso la torre di Nonantola (Torre del Macello), un'alta torre proprio al centro di Nonantola. La torre non era fatta né in pietra né in cemento ma tutta di mattoni, le pareti erano spesse un metro se non di più. Quando siamo entrati siamo rimasti al piano terra dove c’erano quadri con fotografie in bianco e nero dei ragazzi di villa Emma.

La nostra guida ha lasciato la parola a due signori del posto che hanno raccontato episodi della loro vita.

Geppe racconta di quando in casa hanno ospitato una famiglia ebrea…

Durante la giornata c’erano momenti di oscuramento e di coprifuoco e non si poteva uscire di casa ne accendere le luci. L’8 Settembre del 1943 verso le 9-10 di sera due paesani amici bussarono alla porta della mia casa e mio padre andò a parlare con loro. Poi ci disse che avremmo dovuto nascondere una famiglia di ebrei in casa e ci fece promettere di non dire niente a nessuno.

Verso mezzanotte arrivò questa famiglia, formata dal padre, la madre e due ragazze e tutti parlavano una lingua differente dall’italiano. Gli ebrei vennero nascosti sotto volte di una piccola chiesa, in un posto buio e malsano, io stesso portavo il cibo e ciò che serviva a loro.

Anche noi vivevano nella povertà e durante la guerra ci procuravamo da vivere a fatica.”

Secondo noi, le persone che hanno aiutato i ragazzi di Villa Emma hanno fatto un’opera buona perché se non li avessero aiutati sarebbero finiti in un campo di concentramento.

Usciti dalla torre abbiamo riattraversato l'immenso giardino e abbiamo preso l'autobus e siamo ritornati a casa.



Cuppini Matteo, Faustini Fustini Lara, Vergnanini Samuele