CARPI: MUSEO DEL DEPORTATO


Il 28/11/06 siamo andati a Carpi, al museo del deportato. Appena arrivati fuori abbiamo trovato un monumento, il cortile delle stele, composto da 15 lunghe e strette lastre in marmo distaccate fra loro. Questo monumento era piantato nel terreno per ricordare delle lapidi. Su queste lastre ci sono i nomi di 80 campi di concentramento anche se si sa che ne esistevano più di 200. La disposizione confusa dei menir deve far pensare alla morte, alle tombe, oppure ad un labirinto. Il monumento al deportato fu ideato dallo studio BBPR durante un concorso che vinse nel 1964. I colori principali del museo sono il grigio, simbolo dell’indifferenza, il rosso, simbolo del sangue e il nero, della morte, infatti è un ambiente un pò cupo.

Il museo venne inaugurato il 4 ottobre 1973 ed ebbe il suo più grande successo negli anni 70. All’interno ci sono 13 sale e più di una ventina di teche profonde, orizzontali e scavate nel pavimento. Dentro alle teche possiamo trovare foto, documenti scritti come poesie o disegni di bambini, indumenti stracciati, fili spinati, un mandolino tutto rotto che rappresentava la povertà essendo fatto con materiali arrugginiti e inusuali, cucchiai, forchette, coltelli ed altri oggetti usati dai deportati. Su alcuni degli indumenti esposti nelle teche potevamo vedere un simbolo che determinava che “tipo” di deportato era: se un prigioniero politico, un ebreo o un omosessuale. Sulle pareti sono state incise delle frasi tratte da lettere o scritti di deportati. In una delle sale inciso in nero possiamo trovare un'incisione di Picasso in omaggio al museo ed in altre, significative, di Cagli e Guttuso. Nei campi c’erano ebrei, prigionieri politici, omosessuali, zingari, ladri, testimoni di Geova e che si prostituiva.

La nostra guida ci ha spiegato, indicandoci le testimonianze nelle teche, cosa succedeva appena entrati in un campo. Riunivano tutti i deportati e li spogliavano di vestiti, oggetti e qualsiasi cosa di loro appartenenza proprio perché le SS li consideravano cose. Poi venivano suddivisi uomini, donne, bambini, anziani, malati e tutti quelli che non erano in grado di lavorare venivano uccisi a fucilate dagli SS e poi seppelliti in fosse comuni. Ci sono foto che testimoniano lo squallore dei luoghi, le torture fatte, le impiccagioni, i cadaveri, le ceneri…

Visto che le persone destinate alla morte erano troppe e che comunque i cadaveri seppelliti nelle fosse un giorno sarebbero stati trovati le SS chiesero una soluzione diversa. Così gli scienziati iniziarono a sperimentare nuovi virus, finché non inventarono la camera a gas (ziklon). Le camere a gas all’interno erano costruite per apparire delle docce, poi all’esterno le SS introducevano il gas ed in un quarto d’ora i condannati morivano. Ma comunque rimaneva il problema dei corpi, così furono costruiti dei forni crematori per trasformare i corpi in cenere che poi veniva venduta come fertilizzante o sparsa. Grazie a questi fertilizzanti crebbe anche il benessere economico... In molti campi sul cancello principale c’era scritto “il lavoro rende liberi” e quindi a chi entrava rimaneva un po’ di speranza ma tutto ciò non era vero. Alla fine di questo museo abbiamo visitato una stanza che sulle pareti riportava graffiti i nomi di tantissimi morti nei campi e alcuni nostri compagni e amici hanno trovato dei cognomi simili ai loro, cose che secondo noi suscitano le sensazioni che in fondo è un avvenimento ancora vicino a noi.

A noi il museo è molto piaciuto anche se ci è sembrato un po’ monotono. Era molto interessante ma nei suoi limiti a causa delle ripetizioni che venivano fatte di sala in sala ed anche a causa dell’argomento che è molto toccante.

Anche l’aspetto cupo e tetro del museo era molto angosciante per esempio il graffito nero e sinistro di Picasso o le teche profonde nelle quali bisognava sporgersi per vedere il contenuto. Però da un altro punto di vista è costruito molto bene e rispecchia il significato che deve trasmettere.


Frasi che ci hanno fatto riflettere:


E voi, imparate che occorre vedere

e non guardare in aria; occorre agire

e non parlare. Questo mostro stava,

una volta, per governare il mondo!

I popoli lo spensero, ma ora non

Cantiamo vittoria troppo presto:

il grembo da cui nacque è ancor fecondo.

Bertol Brecht


Sono morta per attestare che si può amare follemente

la vita e insieme accettare una morte necessaria.

Marguerite, Belgio


Si avvicinano neri, terribili muti! Tutto il mio corpo

è mutilato, le mani, le gambe…ma muoio senza

aver parlato. E’ terribile morire a ventidue anni.

Come avrei voluto vivere!

Pasa, Urss


Non è un brutto sogno che ci opprime tanto, mamma,

è tutto vero, sogno è tutto quello che è stato

una volta, la casa,il lavoro, la scuola, tu, cara,

tutto ciò è sogno.

Rudi, Austria


Non siamo voluti entrare nelle SS, perciò ci hanno condannato a morte…

noi due preferiamo morire piuttosto che insudiciare la nostra coscienza con quelle atrocità.

Ignoto, Sudeto


Io muoio,eppure come vorrei vivere! Sono giovane ho soltanto venti anni, e la morte mi guarda negli occhi.

Nina, Urss


Anche se io me ne vado, la vita andrà avanti. Voi continuerete a vivere per guidare l’uomo verso una migliore esistenza in cui più nessuno sarà condannato a morte.

Asle, Norvegia



Rosa, Amato, Bernagozzi