DAL DIARIO DI UNA RAGAZZA EBREA...


1938

Caro diario, oggi mi sento molto giù di morale: il preside è entrato in classe e ci ha chiesto, anzi mi ha ordinato di andarmene dalla scuola, ma non sono stata l’unica, anche la mia amica Anna; non so, ma fino ad allora ero contenta, pensavo evviva niente compiti e niente scuola! Ma cominciai a sentirmi male quando i miei amici, che avevano promesso di chiamarmi per i compiti, non mi chiamarono. Secondo te cosa è successo? E perché nessuno me ne vuole parlare? I miei genitori sono diventati misteriosi, non mi parlano più di niente. Ieri sera , di nascosto, sono andata in camera dei genitori, e ho scoperto che sono stati licenziati, che strano…. Non so più cosa chiedere, non so più con chi parlare e non so più con chi giocare. Anche Anna non si fa più sentire ormai… e dire che siamo ebree entrambe! Domani proverò a chiamarla.


Caro diario, non me lo so spiegare ma sono stata espulsa pure dal nuoto! E dire che ero la migliore! Oggi ho provato a chiamare Anna e mi ha detto che ha vinto un viaggio, pensa che fortuna! Oggi sono pure venuti per dirci di licenziare Maria, la nostra domestica, poiché lei è ariana e noi siamo ebrei. I miei genitori continuano a non volermi dire niente, ma tanto ormai comincio a capire. Io sono ebrea e sono stata cacciata da tutto. Sui giornali, che cominciano a nascondermi, vedo che ci sono delle leggi razziali. All’inizio non credevo che gli italiani ce l’avessero con noi ebrei, ma comincio a credere che sia proprio così. Comincerò ad indagare di più per scoprire che cosa ci sta succedendo.


Caro diario, è incredibile! Anche la nostra famiglia ha vinto un viaggio! Ma i miei genitori non sono molto contenti, anzi sembra invece che siano preoccupati. Oggi sono riuscita a scoprire che Anna è stata trasferita in Germania. Ho chiesto informazioni ai miei genitori, ma mi hanno detto che non ne sapevano niente. Ma io so che loro sanno qualcosa! Chissà se domani ci succederà qualcos’altro di strano!


Caro diario, anche io oggi mi trasferisco in Germania! La cosa però non mi convince….. Perché io e Anna, due ragazze ebree, siamo state espulse e trasferire in Germania entrambe? Non lo so, cosa ci sta succedendo?


1946

caro diario, non so come ci sia riuscita; non sai quante cose mi sono successe! Il viaggio vinto era un viaggio per arrivare ai campi di concentramento e veniva effettuato su un treno merci. Eravamo più o meno una cinquantina di persone in un vagone piccolissimo, fuori sentivamo voci maschili in tedesco. Ci avevano divisi uomini e donne. Da quel momento io e mamma avevamo perso il contatto con papà. Il viaggio durò diversi giorni, che sembravano infiniti, e ormai non distinguevamo più il giorno dalla notte anche perché i vagoni avevano solo due piccole finestrelle in alto. Non avevamo né da bere né da mangiare, ci trattavano come animali e non volevano dirci cosa ci volevano far fare e dove ci stavano portando. Finalmente arrivammo, aprirono il portellone e ci fecero scendere velocemente con violenza. Scesi, ci riunirono di nuovo ed incontrammo papà. Era magrissimo e non lo avevamo mai visto ridotto così male. Aveva una fasciatura al piede, che evidentemente si era fatto con i vestiti perché erano strappati. Abbiamo visto passare degli ebrei con vestiti a righe nere. Erano magrissimi. Provarono a dirci di togliere ogni oggetto che potesse significare che fossimo malati o feriti, ma papà rifiutò. Arrivarono dei tedeschi che ci ridivisero in uomini, donne, malati insieme ai bambini e i vecchi. Papà lo misero insieme ai vecchi ed ai malati. Quella fu l’ultima volta che lo vidi. Dopo ci denudarono e ci diedero un numero, il mio numero era “188”. Poi ci diedero anche dei vestiti, come quelli degli ebrei che vidi all’inizio di quella tortura. Non indovinerai mai chi rincontrai nel campo di concentramento; Anna! Ma quella fu l’ultima volta che la vidi. La nostra vita era appesa ad un filo in mano ai tedeschi. Rischiavamo di morire per un “si” e per un “no” e non potevamo parlare senza essere interpellati, a meno che non volessimo morire. Mamma morì solo perché si era fermata per un attimo e perché aveva chiesto informazioni su i genitori di Anna. Io riuscì a sopravvivere fino alla fine di quell’inferno, in condizioni pietose, ma ci riuscii. Non riesco a ricordare quanti giorni o magari anni passai lì. La notte e il giorno ormai erano la stessa cosa. Non ricordo neanche quanti anni avevo. Avevo perso il conto dei giorni e dello scorrere della vita. Ne avevo passato di tutti i tipi da piccola, ma questa le batte tutte! Questa è una cicatrice che mi rimarrà per sempre e che non scorderò mai!


SOFIA MATTIOLI