Commento della poesia “Se questo è un uomo” di Primo Levi


La poesia di Primo Levi “Se questo è un uomo”, scritta durante il periodo della seconda guerra mondiale e della persecuzione degli Ebrei, racchiude in sole cinque strofe la vergogna che si prova quando si pensa a quante ingiustizie sono state commesse contro gli Ebrei. A mio parere in questa poesia ci ha voluto far riflettere sul fatto che noi, che viviamo di affetti, sicurezze, racchiusi nelle nostre abitudini, dobbiamo sapere che gli uomini non erano più persone ma un numero, che morivano per motivi futili e che le donne, private dei capelli, non avevano più memoria perché preferivano non ricordare i dolci momenti della loro vita, pieni di libertà e allegria. Perciò l’autore dice che è compito nostro tramandare il ricordo ripetendolo ai nostri figli e facendolo diventare parte di noi stessi. Anche lo stile con cui scrive è diretto, con pochi versi che esprimono tutta la rabbia e fanno intendere il significato senza troppi giri di parole.

Ritengo che il tema della poesia sia chiaro: si identifica nelle crudeltà e nelle torture cui erano sottoposti gli Ebrei e ci comunica un messaggio di vergogna e l’obbligo di ricordare certi fatti che hanno costituito la nostra storia e che, secondo me, tuttora ci riguardano, perché non si può rimanere indifferenti davanti alle parole che descrivono questi crimini contro la società ma soprattutto contro le persone. Secondo me questa poesia riassume perfettamente il contesto della guerra e dei campi di concentramento perché mette in luce molti aspetti di una situazione, sia dalla parte delle vittime, sia dalla parte della gente estranea che legge e si domanda il motivo per il quale possano essersi verificati drammi che non si possono più cambiare ma che certamente ci fanno impegnare a costruire una società migliore, dove non ci siano più differenze razziali. A farci riflettere credo che siano soprattutto le parole ferme del poeta che ci colpiscono intensamente e direttamente al cuore come se ci volesse far soffrire e incitarci a metterci nei suoi panni. E’ proprio questo modo di scrivere a mio parere che rende la poesia ancor più diretta di quanto non sia già, e per forza ci fa pensare.

Casagrande Irene