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Gessi: una risorsa preziosa non solo per licheni

Ricco di anfratti, grotte, inghiottitoi il territorio dei gessi bolognesi, imolesi e faentini, dall'età del rame e del bronzo (circa 2000-1000 anni a.C.) ha ospitato insediamenti umani (Farneto a S.Lazzaro, Tanaccia e Grotta del Re Tiberio a Brisighella) di cui restano corredi funebri, oggetti votivi e di vita quotidiana.(Museo Civico Archeologico di Bologna, Museo Luigi Donini di S.Lazzaro di Savena.)
Il gesso fu prezioso materiale ed enorme risorsa per la città di Bologna perché presente in quantità nelle colline ed "economico" per facilità di reperimento e trasporto: quando le lastre di vetro erano ancora sconosciute, si applicavano alle finestre dei templi e in quelle delle abitazioni signorili sottili scaglie di gesso a grossi cristalli trasparenti (gesso oggi chiamato a "specchio d'asino"), che lasciavano trapelare una luce simile a quella riflessa dalla luna.
Torri, portici, palazzi, chiese, ciò che resta della Bologna romana, la prima cinta muraria, sono tutti debitori nei confronti della selenite: e ancora oggi mostrano presenze più o meno consistenti di questo materiale dal nome affascinante.
Verso la fine del XIV secolo la selenite venne gradualmente abbandonata, come pietra da costruzione, in favore del mattone e dell'arenaria (detta a Bologna macigno).
Ma meglio della sua diretta rivale, l'arenaria, appunto, questa pietra ha dato prova di ottima durabilità negli ambienti fortemente inquinati delle grandi città.
Dunque "i gessaroli" debbono gratitudine alla vena di selenite da cui estraevano il prezioso minerale che viene ancora utilizzato, dopo la sua cottura, in apposite fornaci per preparare malte, stucchi e, recentemente, prodotti utili alla moderna industria edilizia e ha quindi permesso l'avvio di una esaltante storia durata quindici secoli sull'uso intelligente ed estroso di questa risorsa nella città.
A quel gesso "antico" Bologna deve la saldezza degli innumerevoli solai una volta presenti nell'edilizia del centro storico realizzati con mattoni disposti in foglio legati con malte di gesso che non subivano ritiro, ma anzi si dilatavano alquanto durante la "presa. Il gesso poi era indispensabile quando si voleva realizzare un leggero soffitto "armato" con un graticcio di canne palustri(arelle), piano o in volta, che nascondesse la sovrastante struttura in legno, solaio o per i cornicioni "a gola", tipici dell'area bolognese, che reggono da lungo tempo anche se esposti a severe condizioni atmosferiche: merito, anche in questi casi, delle particolari caratteristiche del gesso bolognese "antico".
La cerchia di mura altomedievali formata da almeno 40000 tonnellate di blocchi di selenite o gesso crudo , che precede la nota cerchia del Mille o dei Torresotti, è diventata successivamente una cava urbana di gesso.
Da essa s' erano ricavati blocchi già pronti, o quasi, per basi di torri, capitelli di colonne e zoccoli da porre sotto i pilastri di legno dei portici per opportuna difesa dall'umidità.

E' suggestivo immaginare la nostra piccola Bologna, superstite dallo sfascio del mondo antico,racchiusa entro un giro di mura non di bruno mattone ma tutta di color grigio-bianco; il colore, appunto della selenite: Bologna "Città d'Argento".

Bibliografia:
Francesca Cerioli e Ilaria Cornia -"Bologna di Selenite".
Costa Editore 2002
S. Mariani in Un itinerario geologico nella Valle del Santerno (Romagna) sulle tracce di Scarabelli. A cura di S. Piacente e G. Poli.


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